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Curiosità | 26 dicembre 2022, 08:08

Il presepe: storia, leggende e curiosità di un’antichissima tradizione

Dal primo presepe di San Francesco a quello di oggi, passando per quello napoletano

Nella foto il presepe della famiglia Fissore, visitabile in via Pollenzo 55, a Bra

Nella foto il presepe della famiglia Fissore, visitabile in via Pollenzo 55, a Bra

Il presepe, l’antica usanza della rappresentazione della nascita di Gesù, è insieme all’albero di Natale la più conosciuta e antica tra le tradizioni natalizie.

Nacque in Italia nel Medioevo e da allora l’affascinante raffigurazione sacra con il suo eterno messaggio di pace si perpetua in tutto il mondo dove, intrecciandosi con le varie culture locali, ha dato vita a tante bellissime usanze.


Storia e curiosità

Il presepe, parola che deriva dal latino praesaepe, cioè greppia, mangiatoia, ma anche recinto chiuso dove venivano custoditi ovini e caprini (da prae, innanzi e saepes, recinto), fu inventato da San Francesco d’Assisi.

Il Santo, nella notte del Natale 1223 a Greccio nel Lazio, per rendere comprensibile a tutti quel passo così importante delle Sacre Scritture volle celebrare la Santa Messa rievocando l’evento della nascita di Gesù con persone in carne ed ossa, il primo presepe vivente della storia.

Secondo la leggenda, per raffigurare Gesù Bambino durante la Messa, fu usato un fantoccio di legno avvolto da fasce che incredibilmente prese vita e si mosse più volte tra le braccia di San Francesco, fra lo stupore dei presenti.

Giotto ha reso omaggio al primo presepe con un’opera bellissima, che ancora oggi possiamo ammirare nella Basilica superiore di Assisi, l’affresco Presepe di Greccio.

Su impulso di ciò che aveva fatto Francesco a Greccio, ben presto si diffuse l’usanza di rappresentare la nascita di Gesù, soprattutto all’interno delle chiese. Fu solo nel Seicento che il presepe iniziò a diffondersi anche nelle case dei nobili sotto forma di “soprammobili” o di vere e proprie cappelle in miniatura. Perché il presepe arrivasse nelle case di tutti si dovette però aspettare la fine dell’Ottocento. In quel periodo soltanto, infatti, il presepe arrivò anche nelle abitazioni dei borghesi e del popolo, dove divenne il centro simbolico attorno al quale ruotano le festività natalizie. La diffusione dell’albero di Natale non ha cancellato la tradizione del presepe, ma si è ad essa affiancata.

Il presepe tradizionale, così come lo conosciamo oggi, è una complessa composizione plastica della Natività di Gesù Cristo, con statue di varia grandezza fatte con materiali vari e disposte in un ambiente ricostruito in modo realistico. Il presepe napoletano, o partenopeo, è il più conosciuto e il più diffuso in tutta l’Italia soprattutto meridionale.


Il presepe napoletano

Descritto da Goethe nella sua opera “Viaggio in Italia” e definito da Luigi Vanvitelli come una “ragazzata”, il presepe napoletano è l’emblema del Natale.

A Napoli, il primo presepe (o presepio) lo vediamo nel 1340, regalato dalla regina Sancia D’Aragona, moglie di Roberto D’Angiò, alle monache Clarisse. Era composto semplicemente da grotta, animali e figure sacre. Di esso, il Museo Nazionale San Martino di Napoli ne conserva la statua della Madonna.

Ma il vero inventore del presepe napoletano, così come lo conosciamo, è stato San Gaetano da Thiene. Sulla spinta di San Francesco, decise di andare oltre la rappresentazione della sola Natività, che c’era stata fino al ‘600 e diede maggior valore anche al resto dello scenario, riempiendolo di personaggi e luoghi che mescolavano il sacro e il profano.

Cavalcando l’onda del rinnovo culturale e artistico della città, negli anni in cui regnò Carlo III di Borbone, anche il presepe napoletano acquisì nuovi valori. Tant’è che anche il re ne volle uno prettamente per la sua corte, da esporre alla Reggia di Caserta (ancora oggi visitabile).

Il presepe napoletano vive il suo periodo d’oro nel ‘700, uscendo dalle chiese dove era oggetto di devozione religiosa per entrare nelle dimore dell’aristocrazia. Giuseppe Sanmartino (autore del Cristo Velato) è forse stato il più grande scultore napoletano del Settecento: abilissimo a plasmare figure in terracotta e a dare inizio ad una vera scuola di artisti del presepio.

Tra i presepi napoletani del ‘700, il più conosciuto è quello donato dallo scrittore Michele Cuciniello, che in pieno Ottocento iniziò a collezionare pastori. La sua raccolta di piccole sculture fu ospitata dal Museo di San Martino, dove tutt’oggi si può ammirare. Fu lo stesso Cuciniello ad occuparsi dell’allestimento dello “scoglio” (la scenografia in sughero), realizzando un effetto scenografico di grande suggestione che tutt’oggi colpisce i suoi ammiratori.


Simbologia

Il presepe è una rappresentazione ricca di simboli, alcuni riconducibili al racconto di Luca nel Vangelo, come la mangiatoia, l’adorazione dei pastori e la presenza di angeli nel cielo.

Altri elementi appartengono ad una iconografia propria dell’arte sacra: Maria ha un manto azzurro che simboleggia il cielo, San Giuseppe ha in genere un manto dai toni dimessi a rappresentare l’umiltà.

Alcuni aspetti derivano da tradizioni molto più recenti. Il presepe napoletano, per esempio, aggiunge alla scena molti personaggi popolari, osterie, commercianti e case tipiche dei borghi agricoli, tutti elementi palesemente anacronistici.

Innanzitutto sappiate che gli elementi essenziali del presepe sono la grotta o la capanna, la mangiatoia di Gesù bambino, Giuseppe e Maria, i magi, i pastori, le pecore, il bue e l’asinello e gli angeli.


Personaggi tipici del presepio napoletano

Benino (il dormiente): posizionato solitamente molto lontano dalla grotta con il bambinello, Benino, non è altro che il pastorello dormiente del presepe al quale gli angeli annunciano la nascita del Bambino Gesù. Ma c’è un’altra leggenda che dice che Benino non stesse altro che sognando lo stesso presepe. Infatti, sempre secondo la leggenda, il presepe nasce proprio grazie al sogno di Benino ed è quindi importante che nessuno lo svegli, altrimenti lo stesso presepe scomparirebbe. Invece, per quanto riguarda il significato del suo personaggio, Benino rappresenta il genere umano, che prima della nascita di Gesù stava dormendo e con l’Avvento si risveglia da questo sonno. Numerosi gli scrittori che hanno raccontato la figura di Benino e dei pastori dormienti che vengono svegliati dagli angeli, tra tutti il poeta latino Virgilio (napoletano d’origine) che ne parla nelle Bucoliche.

Le lavandaie: stendono i panni (rigorosamente bianchi per indicare la verginità) della Vergine Maria e sono le levatrici che accorrono per aiutare la giovane Madonna.

Il cacciatore e il pescatore: assieme rappresentano il ciclo della vita (il cacciatore è la morte e il pescatore è la vita). Inoltre la vita eterna e l’immortalità sono associate spesso alla figura dei pesci: lo stesso Cristo, ai tempi delle persecuzioni ai cristiani, veniva indicato “in codice” con il simbolo di un pesce.

Il vinaio Cicci Bacco: raffigurato seduto su una botte alla guida di un carro. Pagano tra i cristiani è la rappresentazione del dio Bacco.

Zi’ Vicienzo e zi’ Pascale: i due compari rappresentano rispettivamente il Carnevale e la Morte. Infatti, del secondo, a Napoli si narra, che il suo cranio sarebbe uno di quelli conservati al Cimitero delle Fontanelle e al quale chiedere consiglio su quali numeri giocare al Lotto.

Il monaco, simbolo di un’unione tra sacro e profano che si realizza nel presepe napoletano.

La meretrice, contrapposta alla purezza della Vergine, si colloca nelle vicinanze dell’osteria.

Stefania o zingara: una giovane donna alla quale gli angeli vietarono di andare a visitare Gesù bambino, perché né sposata e né con figli. Allora Stefania prese una pietra, l’avvolse in un panno e finse che fosse il suo figlioletto. Ingannando gli angeli riuscì ad arrivare al cospetto di Gesù il giorno dopo e alla presenza di Maria avvenne il miracolo: la pietra starnutì e divenne un bambino, Santo Stefano, che si festeggia il 26 dicembre.

Restando in tema statuine, non c’è presepe napoletano di tradizione settecentesca nel quale manchi il mercato. I venditori sono almeno dodici, e rappresentano i mesi dell’anno: Gennaio macellaio o salumiere; Febbraio venditore di ricotta e formaggio; Marzo pollivendolo e venditore di uccelli; Aprile venditore di uova; Maggio rappresentato da una coppia di sposi recanti un cesto di ciliegie e di frutta; Giugno panettiere o farinaro; Luglio venditore di pomodori; Agosto venditore di cocomeri; Settembre venditore di fichi o seminatore; Ottobre vinaio o cacciatore; Novembre venditore di castagne; Dicembre pescivendolo.

Questi sono solo alcuni dei personaggi più famosi del presepe, la tradizione ne conterebbe circa 72, poiché il 72 nella Smorfia Napoletana è il numero della Meraviglia, giacché l’intento è quello di stupire.


I Re Magi

I Magi derivano dal Vangelo di Matteo e dal Vangelo armeno dell’infanzia. In particolare, quest’ultimo fornisce informazioni sul numero e il nome di questi sapienti orientali: Melkon (Melchiorre), Gaspar (Gaspare) e Balthasar (Baldassarre).

Essi non possono di certo mancare nel presepe napoletano, regalandogli un tocco di Oriente. Secondo i libri che ne parlano, sembra che tanto tempo fa la presenza dei Re Magi fosse stata aggiunta sul presepe napoletano in seguito agli scambi commerciali e alle visite di ricchi uomini di origini orientali che si fermavano nel porto di Napoli per concludere i propri affari e influenzavano la cultura partenopea con i propri racconti.

Sempre a proposito dei Re Magi sul presepe napoletano, c’è un’altra leggenda che gira al riguardo. Sul presepe settecentesco compare un quarto Magio, per l’esattezza una donna con vesti esotiche, battezzata ironicamente dai napoletani la Re Magia. La donna, dal volto lucente ed i lineamenti eleganti, a volte dalla pelle chiara e a volte scura, non sarebbe altro che Diana, personificazione della Luna e del principio universale femminile. Viene chiamata “La Georgiana” e segue i re Magi a piedi oppure su una portantina sorretta dai servitori.


San Gregorio Armeno

Le statuine sono in terracotta, prodotte con tecniche molto antiche, in molti casi vere proprie opere d’arte, prodotte e vendute a Napoli in via San Gregorio Armeno, la via dei presepi e dei pastorari. Qui botteghe artigianali realizzano, durante tutto il corso dell’anno, statuine per i presepi, sia tradizionali che originali; solitamente ogni anno gli artigiani più eccentrici realizzano statuine con fattezze di personaggi di stringente attualità che magari si sono distinti in positivo o in negativo durante l’anno.


Come costruire il presepe

Ma come costruire un bellissimo presepe, secondo la migliore tradizione meridionale, emuli del grande Eduardo in Natale in casa Cupiello?

Le statuine in terracotta, costose e un po’ delicate, si possono sostituire con statuette fatte con altro materiale, altrettanto belle. Preparate quindi una base, che può essere un tavolo o un ripiano, più o meno grande a seconda dei pastori che avete, predisponendo tre ambienti, cioè la grotta al centro e gli altri due ai lati, ricordandovi che in generale a destra si pongono i commercianti, a sinistra gli artigiani.

La statuina di Gesù Bambino viene collocata al suo posto (in genere dai più piccoli della famiglia) allo scoccare della mezzanotte del 24 dicembre, mentre le figure dei Re Magi si dispongono a destra della grotta (l’Oriente) e distanti, perché si avvicinano a Gesù solo il 6 gennaio. Gli angeli si pongono vicino alla grotta e in alto, mentre i pastori, che rappresentano l’Umanità più semplice e umile, intorno alla natività.

«Un altro svago che è caratteristico dei napoletani, il presepe (…); si costruisce un leggero palchetto a forma di capanna, tutto adorno di alberi e di alberelli sempre verdi; e là ci si mette la Madonna, il bambino Gesù» (J.W. Goethe).

Silvia Gullino

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