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Farinél | 03 dicembre 2023, 18:27

Farinel/ Per fare il tartufo ci vuole l’albero

Ancora una volta la Fiera si chiude nel momento in cui si vengono finalmente a creare le condizioni per la nascita dei tartufi. Occorre rivedere le tempistiche della kermesse andando verso il periodo natalizio e soprattutto serve un lavoro corale per fare in modo che non venga a mancare il grande protagonista: il tartufo bianco.

Farinel/ Per fare il tartufo ci vuole l’albero

Torno sul tema già ampiamente dibattuto dodici mesi fa, ma ancora estremamente attuale. In una Alba piacevolmente invasa di turisti si chiude l’edizione 93 della Fiera Internazionale del tartufo bianco, ancora una volta con grandi numeri e eventi pressoché tutti esauriti, da quelli gratuiti, fino a quelli con prezzi decisamente non nazionalpopolari.

Se il mercato internazionale del tartufo bianco sembra accusare qualche segno di stanchezza, così non si può dire per gli eventi organizzati dall’Ente Fiera della vulcanica presidente Liliana Allena e della sua affiatata squadra, gli eventi funzionano e non mancano novità, verve e fantasia.

A mancare, e purtroppo, sta diventando sempre più una costante, è proprio il grande protagonista: il Tuber Magnatum pico, metronomo straordinario dei cambiamenti climatici, già messo a rischio dalla monocoltura.

In un anno finalmente con precipitazioni nella seconda metà di agosto, benedette come salvifiche da trifolao, trasformatori e commercianti di tartufi, a pregiudicare la cerca sono state le temperature, troppo alte, con rarissime, per non dire nulle, gelate notturne.

A guardare i parcheggi pieni questa mattina, 3 dicembre, i ristoranti stipati in tutta la città e in tutte le Langhe e il Roero verrebbe quasi da lasciarsi convincere che il problema non esista e che comunque le cose possano anche andare bene così in questo territorio baciato dalla fortuna e da un foliage che una volta si esauriva nel mese di ottobre e oggi vede foglie attaccate agli alberi fino a inizio dicembre.

Bello, molto instagrammabile, ma estremamente preoccupante.

Se viene a mancare il tartufo viene a mancare uno straordinario veicolo di turismo. Il primo a capire che il tartufo potesse diventare un modo per portare il mondo in Langhe e Roero fu Giacomo Morra seguendo i passi dei francesi maestri nella promozione delle eccellenze enogastronomiche grazie all’arte dello storytelling.

Non è un caso che nel 1929 il geniale Giacomo lanciando la prima Fiera del tartufo bianco di Alba avesse ideato lo slogan “Il più Perigordino dei tartufi italiani” capendo che per sfondare con quel prodotto allora bistrattato occorresse ispirarsi al tartufo più caro sul mercato, senza però peccare di presunzione nei confronti dei cugini d’Oltralpe.

Fu un grande successo, il bianco d’Alba, che allora veniva svenduto al prezzo delle patate, venne battuto a un quinto del prezzo del tartufo del Perigord e tutti acclamarono il geniale Giacomo. Oggi il rapporto è di 700 euro al kg contro 6.000 euro al kg. A favore del tartufo albese.

Il Centro studi nazionale per il tartufo ha stimato che per ogni 50 euro di tartufo lamellato in Langhe e Roero si crei un indotto turistico sul territorio di oltre 1.000 euro.

Nel 2022 su 600 mila arrivi nell’Atl che oggi comprende anche il Monferrato, oltre 150 mila sono stati concentrati nei mesi di ottobre e novembre. Nella sola città di Alba l’autunno vale circa il 30% dei 100 mila arrivi dello scorso anno.

Ribadisco il concetto già espresso un anno fa con la richiesta da più parti a rivedere il calendario della Fiera.

Il tartufo bianco lo si può mangiare fino al fermo biologico del 31 gennaio, è logico quindi che dal 4 dicembre, primo giorno post fiera, gran parte dei turisti possa pensare che la stagione dei tartufi sia finita, mentre è appena all’inizio?

Purtroppo, non è possibile aspettare grandi inversioni di tendenza nelle condizioni climatiche. Come chiedono a gran voce i tartufai, coloro che più di tutti hanno in mano la cartina di tornasole dello stato di salute del prezioso Tuber, occorre ripensare i tempi della fiera, posticiparne l’inizio, magari facendolo coincidere con il Baccanale dei Borghi, puntando forte sul tartufo di Natale. Non esiste periodo migliore per degustare il tartufo rispetto alle festività natalizie.

Come dissi già un anno fa, la concomitanza con Le notti della Natività e con i fine settimana dello shopping natalizio non può che portare benefici a tutti e andare nella direzione che auspichiamo: prolungare il numero medio di notti dormite sul nostro territorio, strada Maestra per allontanare il turismo mordi e fuggi, quello che non ci possiamo permettere. Non siamo Rimini e non siamo nemmeno Disneyworld, siamo Langhe e Roero, buon per noi.

La parte difficile è molto più difficile passa dalla frase del commendator Ponzio “No alberi, no tartufi”.

Questo deve diventare lo slogan di tutti per far sì che non si perda un veicolo straordinario di turismo per il nostro territorio. L’importante è piantare alberi, creare tartufaie, favorire la formazione di quel piccolo fungo ipogeo, così fragile e così prezioso.

Riprendo lo slogan che coniai personalmente un anno fa: “Mettiamo un tartufo sotto l’albero di Natale, ma soprattutto un albero sopra al tartufo”.

Marcello Pasquero

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