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Attualità | 07 gennaio 2024, 09:47

"Craciun fericit": l'Epifania si è portata via tutte le feste cattoliche, ma oggi si celebra il Natale ortodosso

I tanti romeni e moldavi del Piemonte hanno vissuto l'Epifania come la vigilia della festa più bella

"Craciun fericit": l'Epifania si è portata via tutte le feste cattoliche, ma oggi si celebra il Natale ortodosso

L'Epifania tutte le feste (cattoliche) si è portata via, come recita un famoso detto, ma se molti oggi disfano l'albero, dopo che è passata la Befana, per altrettanti è un giorno di festa.

Il 7 gennaio, infatti, si celebra il Natale ortodosso. Un momento attesissimo dalle numerose comunità romene e moldave del nostro Paese, che hanno tantissimi esponenti anche nella provincia di Torino e in Piemonte. 

Se il Natale per i cattolici è da sempre il 25 dicembre, da cosa deriva la differenza di date? Tutto dipende da Papa Gregorio XIII, che nel 1582 stabilì con la bolla «Inter gravissimas» di modificare il calendario definito sotto Giulio Cesare nel 46 avanti Cristo: e cancellare, quell’anno, i giorni fino al 15 ottobre. Da svariati secoli astronomi e matematici, a partire dal Tolomeo (nel II secolo dopo Cristo), avevano fatto notare gli errori del calendario «giuliano» dei tempi di Cesare, con relativo slittamento dell’equinozio di primavera, e sollecitato una correzione che fu infine affidata da Papa Gregorio ad una commissione di studiosi: era nato il calendario «gregoriano» che ancor oggi è seguito da gran parte dei Paesi del mondo.

La maggior parte delle Chiese ortodosse del pianeta, a cominciare da quella russa, utilizzano ancora, però, il vecchio calendario giuliano. I due calendari procedono paralleli, lo slittamento progressivo è di 13 giorni: anche i cristiani ortodossi festeggiano il Natale il 25 dicembre, solo che per loro corrisponde al 7 gennaio del calendario gregoriano, mentre l’Epifania diventa la Vigilia di Natale.

Ecco perché oggi è Natale a Mosca piuttosto che a Chisinau e a Bucarest. Ed allora tanti auguri oppure, come dicono romeni e moldavi, 'Craciun ferit'.

Massimo De Marzi

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