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Farinél | 01 settembre 2024, 18:59

FARINÉL / “Onde di terra”, un film gioiello che racconta la Langa partendo dalle donne che l’hanno resa grande

Presentato davanti a oltre mille persone a Terre del Barolo, nel festival Profondo Umano, il primo lungometraggio di Andrea Icardi. Ovazione finale per il regista langhetto, che ha saputo raccontare il territorio per una volta mettendo al centro non i prodotti, i tartufi, i vini o le nocciole, ma le persone che con loro lavoro hanno permesso a queste colline di passare dalla Malora al benessere

Ieri l'anteprima del film nell'ambito del festival "Profondo Umano"

Ieri l'anteprima del film nell'ambito del festival "Profondo Umano"

 

Se siete tra i mille fortunati che ieri hanno assistito all’anteprima di “Onde di terra” sapete già di cosa sto parlando, se non lo siete, non preoccupatevi troppo perché avrete l’occasione di vedere il film lunedì 9 settembre, alle 21, a Santo Stefano Belbo nel contesto del Pavese Festival.

Già che ci siete non perdetevi nemmeno, il giorno successivo, martedì 10 settembre, sempre a Santo Stefano Belbo, il docufilm “Omero non deve morire” dedicato alla poetica pavesiana realizzato dalla Fondazione Radici, curato dal sottoscritto e da Piercarlo Grimaldi, con la splendida fotografia di Bruno Murialdo e Silvia Muratore, e le riprese di Daniele Ferrero e Francesca Nota.

Perché vedere o rivedere il film di Andrea Icardi? Per tanti motivi, primo di tutti perché è un film importante, nuovo, inedito, che racconta la Langa da un punto di vista differente e ancora più suggestivo.

Per una volta al centro non ci sono i prodotti e i protagonisti non sono gli inflazionatissimi "trifolao" o i produttori vitivinicoli divenuti ormai superstar. I protagonisti di “Onde di Terra” sono i contadini che in una Langa davvero grama non hanno lasciato le colline e oggi ci permettono di guardare un po’ tutti dall’alto in basso, cosa che non dovremmo fare ricordando, come ci ricorda più volte il regista, che veniamo dalla terra.

In una costante contrapposizione, irrisolta e per questo ancora più efficace, tra la schiena curva dei contadini e quella dritta degli scrittori, coloro che scrivono di chi fa, il film del regista di Santo Stefano Belbo scorre via in un attimo.

Tutto è ben dosato, nulla è esasperato, la mano è quella del regista esperto e non di chi per la prima volta si cimenta con un lungometraggio. L’inesperienza passa in secondo piano di fronte a una scrittura importante, a una sceneggiatura solida, una delle migliori che ricordi negli ultimi anni, e da scrittore e giornalista, la mia attenzione è sempre rivolta alla scrittura.

Storia nella storia quella di Fulvia, nome letterario come pochi altri nelle Langhe, eppure Fulvia arriva da lontano, da Brancaleone, il paese della Calabria in cui Cesare Pavese venne confinato nel 1935. Un legame che emerge più volte durante il film, ma che non è forzato e anche questo molto delicato. 

“Nelle Langhe degli anni ‘70, spopolate dall’industrializzazione, i bacialé si prodigano per combinare matrimoni per corrispondenza tra i contadini del posto e le donne del Sud. È così che con l’intermediazione di Remo, Fulvia si decide a lasciare Brancaleone per sposare Amedeo, salvo scoprire che l’uomo conosciuto per lettera non è chi le era stato fatto credere”

Fulvia è una “calabrotta”, una di quelle ragazze “strappate” spesso contro la loro volontà dalla Calabria per raggiungere la Langa spopolata dei contadini che le donne langhette rifuggivano. 

La fortuna di questo territorio si deve anche a loro, a queste donne, oltre mille, che oggi sono le madri quarantenni e cinquantenni. 

A interpretare Fulvia è Erica Landolfi, vera e propria eroina di questo film, donna libera, intelligente, raffinata. L’attrice è intensa, vera, per gran parte del film ci si dimentica di essere di fronte a un personaggio e si pensa di essere davanti a una persona in carne e ossa.

Amedeo è Lucio Aimasso, contadino, colui che fa, l’artefice delle colline di Langa, pochi fronzoli, parco di parole, un “travaiùn” come si direbbe in piemontese.

Paolo Tibaldi, che non scopriamo oggi, è il bacialé Remo, che per l’amico Amedeo mette un po’ troppa poesia nel conquistare Fulvia. 

Particolarmente azzeccati i personaggi secondari, dal padre di Amedeo Oscar Barile al sempliciotto “Tomatica” Mauro Carrero.

Il pubblico segue il crescendo del film in silenzio, gli occhi sono lucidi, in attesa dell’ovazione finale che emoziona Andrea Icardi che probabilmente ancora non si sarà reso conto di aver realizzato un piccolo-grande capolavoro. 

In ultimo, un grande “bravo”, da promotore e produttore di docufilm per la Fondazione Radici, che si occupa di salvaguardare e tutelare la memoria del territorio, vorrei farlo all’imprenditore Renato Sevega, che non ho la fortuna di conoscere, ma che è stato vero e proprio mecenate di questo film con la sua Siscom.

Andrea Icardi ha potuto lavorare scrivendo un soggetto meraviglioso e costruendo un film in grado di valicare i confini perché non ha dovuto cercare il contributo del piccolo sponsor di turno, della banca o della fondazione di turno. 

Sono certo che con più Renato Sevega avremmo più film come questo, film importanti che consiglio a tutti di vedere. 

[Oltre mille persone hanno assistito alla proiezione negli spazi di Terre del Barolo] 

 

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IL CAST

"Onde di terra" è un film prodotto da Siscom Spa. Scritto e diretto da Andrea Icardi. Con Erica Landolfi, Paolo Tibaldi, Lucio Aimasso, Sandra Forlano, Oscar Barile, Pippo Bessone, Andreina Blangero, Mauro Carrero, Claudio Botto, Domenico Colombo, Davide Dionese, Ettore Oldi, Bruno Campagno. Riprese e direzione fotografia curate da Lorenzo Gambarotta.

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L'AUTORE

Andrea Icardi (1976), regista e docente di produzione audiovisiva. Per la Fondazione Cesare Pavese ha realizzato il documentario "Cesare Pavese – Ritratto" (2008) e la web serie "Io vengo di là" (2020-2022, selezione ufficiale Apulia Web Fest). "Onde di terra" è il suo primo lungometraggio.

Marcello Pasquero

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