“Prima vennero a prendere i socialisti, e io non dissi niente, perché non ero socialista. Poi vennero a prendere i sindacalisti, e io non dissi niente, perché non ero un sindacalista. Poi vennero a prendere gli ebrei, e io non dissi niente, perché non ero ebreo. Poi vennero a prendere me, e non c’era più nessuno a protestare”.
Sono parole attribuite a Martin Niemöller: pastore protestante tedesco che trascorse gli ultimi otto anni di dominio nazista, dal 1937 al 1945, nelle prigioni e nei campi di concentramento. E sono parole incise su un pannello al termine del percorso proposto dalla mostra permanente sull’Olocausto, collocata nell’United States Holocaust Memorial Museum di Washington.
Una denuncia contro chi, allora, era rimasto a guardare in silenzio gli orrendi crimini compiuti dalla dittatura di Hitler. Ma è un monito attuale anche oggi per far sì che la democrazia, in Italia ottenuta a caro prezzo, continui a vivere e a offrire i suoi preziosi germogli di libertà. Perché, come ha sottolineato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel 2024 a Trieste, la “democrazia, una volta conquistata, non è per sempre”. Ogni giorno, infatti, va difesa e coltivata. Con responsabilità, determinazione, gentilezza.
Il clima di odio, rabbia e cattiveria che stiamo vivendo, in questi ultimi anni, anche nel nostro Paese, non sta aiutando a custodire la democrazia: e la dura battaglia combattuta contro il Covid non ci ha fatto diventare migliori. A preoccupare di più, però, è l’indifferenza. Le parole di Niemöller rappresentano un insegnamento di cui, tutti noi, dovremmo fare tesoro oggi e in futuro. Dire, non ci riguarda quel che ci passa ogni giorno davanti agli occhi, dalle libertà negate in molte nazioni del mondo all’esprimere il voto alle elezioni, dal partecipare alle attività del quartiere al prestare ascolto alle altre persone, significa uccidere la democrazia. Lentamente. E quando ce ne accorgeremo, potrebbe essere troppo tardi. Perché l’indifferenza soffoca piano piano, poi uccide.

















