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Economia | 15 ottobre 2025, 06:02

Ex Ilva, domani sciopero anche a Racconigi. Avviati verso la cassa integrazione 80 addetti su 87

Calabrese (Fiom Cgil): "Andiamo verso il fermo dello stabilimento. La Regione intervenga"

Domani presidio di fronte all'ex Ilva di Racconigi (archivio)

Domani presidio di fronte all'ex Ilva di Racconigi (archivio)

"Sull’ex Ilva la verità è che una trattativa non c’è più. Con lo sciopero nazionale si vuole denunciare questo e il fatto che il Governo ha dato il via libera all’azienda affinché proceda con un ampliamento pesante della cassa integrazione. Questo a Racconigi si tradurrà in un fermo totale dello stabilimento, riguardando 80 lavoratori sugli 87 dipendenti ancora in organico".

Così Domenico Calabrese, componente della segreteria provinciale Fiom Cgil, interviene sulle motivazioni che hanno portato alla proclamazione della protesta unitaria indetta da Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil per la mattinata di giovedì 16 ottobre.

"Terremo un presidio dalle 6 alle 12.30 e contestualmente abbiamo chiesto un incontro urgente con la Regione – prosegue il sindacalista –. Quella dell’ex Ilva è una problematica nazionale, che minaccia di avere gravi ripercussioni sull’intera politica industriale del nostro Paese. Cosa accadrà quando domani ci troveremo a non avere più un produttore di acciaio nazionale? Saremo alla mercé di quelli stranieri e dei prezzi da loro imposti, con conseguenze sull’intero sistema manifatturiero".

L’ampliamento della cassa integrazione investe poi in modo particolare Racconigi. "In altri impianti – prosegue Calabrese – verrà applicata una cassa integrazione al 35% della forza lavoro. Nel sito cuneese si preannuncia l’estensione della cassa da 15 a 50 addetti, per arrivare poi a toccare la quasi totalità dei dipendenti a partire da novembre. Questa è scelta politica sulla quale chiediamo alla Regione di intervenire", dice ancora il sindacalista, che a Torino guarda affinché si cerchi una mediazione col Governo e perché intanto si intervenga sul reddito dei lavoratori interessati. Serve che il Governo faccia la sua parte e intervenga per salvare il più grosso sito siderurgico d’Europa, che entri in campo davvero, partecipando alla vita dell’azienda e cercando player che possano dare un contributo vero in vista di un rilancio".

DA 3.062 A 4.450 ADDETTI IN CASSA

Nell’annunciare la protesta, conseguenza della scelta del Governo, lo scorso 29 settembre, di autorizzare l’incremento del 50% delle unità in cassa integrazione da 3.062 a 4.450 addetti, senza accordo con le tute blu, le tre sigle avevano stigmatizzato “l’incertezza sulla continuità produttiva e l’incognita sulla cessione del gruppo dopo aver appreso, a mezzo stampa, le sole offerte di fondi finanziari ‘speculativi’ per l’intero asset".

"Abbiamo ascoltato le difficoltà dei lavoratori – proseguiva la nota firmata da Fim, Fiom e Uilm –, ma non la rassegnazione, con grande dignità è emersa ovunque la volontà di riscatto e di voler riprendere la mobilitazione per riavere il tavolo a Palazzo Chigi per discutere del proprio futuro e del futuro degli stabilimenti".

Ancora, nelle assemblee “è emersa la volontà di affermare chiaramente che non è con le indiscrezioni sulla stampa e le dichiarazioni dei Ministri che si risolverà la vertenza sulla pelle dei lavoratori. Soprattutto è emerso che non verrà accettato lo spezzatino del gruppo, il capitale pubblico dovrà impegnarsi nell’azienda per garantire la transizione e i livelli occupazionali e che non verranno accettate speculazioni sui territori né sulle attività siderurgiche o collocazioni a tempo indeterminato in cassa integrazione”.

E. M.

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