Consumano ogni giorno dai 35 agli 85 grammi di cibo (semi, cereali, germogli, leguminose, molluschi, cui si aggiungono pane e vari tipi di rifiuti alimentari) e dai 60 ai 90 grammi di acqua. Cibo che elemosinano dalle persone oppure recandosi negli spazi aperti e nei campi coltivati delle periferie (soprattutto nel periodo della semina e della raccolta), essendo essi in grado di memorizzare rapidamente i luoghi dove vi è disponibilità di cibo e le persone che lo offrono. Nelle grandi città la somministrazione di cibo da parte dell’uomo contribuisce ad aumentare le disponibilità alimentari e a renderli strettamente dipendenti dall’uomo, anche se questo tipo di alimentazione risulta povero di minerali e vitamine, così che essi sono costretti a cibarsi di foglie e gemme o a spostarsi nelle campagne per integrare la dieta. E possiedono strategie di foraggiamento individuali – per procurarsi il cibo compiono tragitti anche di 5,29 km, pur se il 32% rimane entro i 300 metri dal sito di nidificazione e riposo e solo il 7,5% vola su distanze superiori a 2 chilometri - e sono abbastanza flessibili da adattarsi alle diverse situazioni urbane.
Ciascuno di essi produce circa da 4 a 12 chilogrammi di escrementi all’anno che si depositano su edifici e aree pubbliche, soprattutto presso i siti di riposo e nidificazione. Le loro feci costituiscono una condizione ideale per la crescita di muffe e funghi che danneggiano i materiali da costruzione quali la pietra e il cemento, come anche l’azione meccanica di artigli e becco, portando all’erosione di edifici storici e di altri monumenti provocando danni anche gravi e irreversibili sulle opere del patrimonio artistico dei centri storici delle città e un impatto estetico spesso negativo sull’ambiente urbano. E possono esporre l’uomo ad alcuni rischi sanitari dal momento che per sostare e nidificare usano molti edifici e i loro parassiti e agenti patogeni si trovano a breve distanza dagli esseri umani.
A Saluzzo i colombi non sono (ancora) un problema: la dottoressa Mara Calvini – chiamata dal Comune a redigere uno studio-censimento sui volatili presenti in città presentato in Consiglio lo scorso febbraio ed in procinto di essere discusso dalla Commissione Urbanistica del prossimo 23 aprile – ne ha contati 952 (con un’oscillazione del 20%): 269 un centro, 683 in periferia. Con una densità media rilevata sull’intero territorio cittadino pari a 116 individui per chilometro quadrato. Una densità media relativamente bassa, che però supera di 3 o 4 volte la soglia accettabile nel centro cittadino, calcolata in 300/400 per chilometro quadrato. Ma non è detto che in futuro non abbiano a diventarlo, un problema.
Quindi meglio correre ai ripari, scrive la dottoressa. Come?
In base agli esiti del censimento, le tecniche consigliate sono l’applicazione di metodi indiretti di dissuasione, efficaci a garantire nel tempo il mantenimento del risultato ottenuto, inteso come riduzione della popolazione, in quanto permettono di agire sulle cause del problema e non sulle conseguenze/effetti: limitazione dei siti di nidificazione e sosta, installazione di dissuasori e deterrenti incruenti, riduzione delle risorse alimentari e regolamentazione delle forniture da parte dei cittadini zoofili, colombaie gestite, corretta gestione ambientale e campagne educative ed informative per la cittadinanza e gli operatori.
Ma anche ricorrendo ad alcuni rimedi quantomeno curiosi. Il “pallone predator, costituito da un pallone di 60 centimetri di diametro sul quale vengono affissi degli adesivi che riproducono gli occhi dei rapaci. Il razzo acustico visivo “farfallone”, costituito da un'asta alta fino a 6 metri sulla quale è montata una sagoma di farfalla in plastica che ha sulle ali un disegno che ricorda gli occhi di un grande rapace. Alla base della farfalla è inserito un sistema di propulsione a gas che, a intervalli regolari, non solo produce uno scoppio, ma spinge il farfallone in cima all'asta, ottenendo un duplice effetto visivo e sonoro. È particolarmente indicato per le colture orticole. I cannoni a gas che producono una detonazione ad intervalli di circa 5-10 minuti, alle quali però gli animali si abituano nel giro di pochi giorni vanificando i costi per l’acquisto e la manutenzione dell’attrezzo. Ed infine il “falco acustico”, costituito da una sagoma che riproduce un rapace posta in cima ad un'asta telescopica che porta un altoparlante, attraverso il quale vengono riprodotti i versi che il falco normalmente emette.













