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Attualità | 06 dicembre 2013, 16:50

Geografia giudiziaria: la giustizia che vorremmo

Lettera di Franco Totaro del Coordinamento Spontaneo per la (giusta) controriforma

Geografia giudiziaria: la giustizia che vorremmo

Gentile direttore,

sulla soppressione di circa 1000 uffici giudiziari continua la lotta per l’abrogazione della c.d. riformicchia-tagli della “geografia giudiziaria”. Pur nel silenzio, praticamente totale, calato sulla vicenda come un tacito accordo e volontà di mantenere un basso profilo cioè di mascherare le gravissime difficoltà organizzative e funzionali del  servizio giustizia.

Ad eccezione della stampa locale (il suo quotidiano ad esempio) che continua a dare ospitalità ed attenzione ai vari interventi critici e propositivi dei propri lettori.

A distanza di oltre due mesi dalla chiusura degli uffici la situazione, in generale, rimane caotica, disorganizzata e con notevoli dispendio di denaro pubblico. Altro che risparmi e riforma a costo zero !!

Infatti la recente decisione della Corte di Cassazione, di ammettere il referendum abrogativo sulla riforma della giustizia in materia di geografia giudiziaria, conferma l'errore commesso dal Ministero di non ascoltare le proposte da parte dei territori (cittadini, dipendenti, operatori del settore, associazioni produttive ecc...). Referendum, lo ricordo, chiesto da nove Consigli regionali ( Abruzzo (promotore dell’iniziativa), Piemonte, Puglia, Calabria, Basilicata, Friuli, Liguria, Campania e Marche) per abrogare la riforma che ha tagliato mille tribunali.

Ora la parola passa alla Corte Costituzionale per la verifica sulla legittimità del quesito referendario, la cui sentenza è attesa entro il 10 febbraio (il testo completo del comunicato stampa è linkato a fondo pagina).

Sperando che, nel caso specifico, la Consulta non adotti una decisione indotta da indebite pressioni “particolari” ed equilibrismi non aderenti alla questione.

Il referendum abrogativo contro la “nuova” geografia giudiziaria è il primo, nella storia repubblicana, che viene proposto attraverso l’iniziativa delle Regioni  (art. 75 Costituzione). Ciò rimarca l’importanza ed il coinvolgimento dei territori contro la sottrazione (anzi il furto) di un servizio previsto e garantito dalla Costituzione: la giustizia uguale ed accessibile per TUTTI i cittadini.

Riforma pretesa dalla dirigenza del ministero che in tal modo ha evitato di affrontare una reale e seria riforma strutturale della giustizia. L’addebito alla dirigenza emerge inequivocabilmente da alcuni interventi in aula di vari senatori il 7 agosto 2013 (Legislatura 17ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 091 del 07/08/2013) e, in particolare, testualmente “… sappiamo perfettamente che, dopo diverse riunioni che abbiamo tenuto al Ministero , il vero problema sono i dirigenti di quell'ufficio del Ministero: sono loro che non vogliono sentire  il parere di quest'Aula; il vero problema è all'interno degli uffici giudiziari del Ministero. Sono convinto che i Sottosegretari e il Ministro abbiano la consapevolezza di dover intervenire, ma in questo momento credo siano sotto scacco - e non so bene il perché - di tali uffici.” Un’affermazione precisa e molto pesante con gravi accuse alla dirigenza e, ad oggi, mai contestata da tutti gli interessati.

A questo punto è inevitabile evidenziare, con alcuni esempi non esaustivi, i danni che in realtà ha procurato (e procurerà) la riformicchia-tagli:

ü    Contemporanea coesistenza dell’ufficio accorpante e quello soppresso con le relative spese di mantenimento e di funzionamento (cioè come pre-riforma). Quindi niente risparmio con le spese supportate dai Comuni (quindi i cittadini) che in realtà non dovrebbero più farsene carico o Comuni oberati di consistenti esborsi per predisporre o affittare locali destinati agli accorpamenti o di quegli uffici soppressi che prima non avevano alcun costo di locazione . In taluni casi, si è passato da un costo zero a migliaia di euro all’anno. Dov’è il vantaggio economico ?

ü    In molti tribunali non si sa dove collocare i fascicoli, mancano gli spazi per i giudici e per il personale, per gli arredi e le postazioni informatiche, per l’archivio, molte cause vengono rinviate ( anche a 2 anni ) (esempio: al Tribunale di Torino il 29 novembre scorso novantasei processi, aperti e rinviati nel giro di pochi secondi: così si è svolta una delle cosiddette “udienze di smistamento” che si sono rese necessarie a Torino dopo la soppressione dei piccoli tribunali. Il problema è che anche la prossima sarà un’udienza di smistamento), molti processi penali  a rischio prescrizione, le cancellerie non sono in grado di far fronte alle richieste degli utenti in coda per ore, ufficiali giudiziari stipati in locali angusti con gli avvocati e gli utenti costretti a code chilometriche.

Il personale amministrativo che è il “motore” della giustizia viene tenuto sempre in ombra e  rappresentato come restio ai cambiamenti nonché fannullone. Assolutamente falso. Dipendenti che da oltre 4 anni ha i rinnovi contrattuali bloccati; sono tra i più sottopagati nella pubblica amministrazione; da anni non ottiene una vera riqualificazione professionale e, tantomeno, una costante formazione/aggiornamento professionale oltre ad avere un crescente carico di lavoro determinato dal blocco delle assunzioni e dalle non sostituzioni dei dipendenti andati in pensione; a tutto ciò vanno aggiunte, ora, gli ulteriori  costi di trasporto per raggiungere la nuova sede lavorativa (ad esempio: spese medie mensili  €. 83 di Pinerolo e 120 di Cuneo);

ü    iscrizioni dei procedimenti nell’ufficio accorpante e  poi trasmessi all’ufficio soppresso per le attività e la trattazione delle cause (es. al Tribunale di Cuneo o di Torino; Ad Alessandria, considerata l’insufficienza degli spazi vengono assegnati ai Got  di Acqui attraverso una disposizione organizzativa correttiva presidenziale che è oggetto di ricorso al Tar del Piemonte n. 1091/13 dell’8.11.2013 e con udienza fissata al 12.12.2013 da parte del Consiglio forense e del Comune di Acqui Terme). Il continuo viavia di fascicoli da una sede all’altra e l’avvocato che rincorre gli atti per poterli visionare ed avere copia  prima del trasferimento. Viavai che richiede l’impiego di personale e, quindi, altre spese. Dov’è il vantaggio economico ?

Dette problematiche sono, ovviamente, da riferirsi a tutte le località dei territori del Paese coinvolti dalla soppressione degli uffici.

ü    spese e costi che i cittadini devono sostenere: prima della loro soppressione i tribunali e  sezioni distaccate erano competenti per la notifica degli atti presso i Comuni appartenenti alla loro ripartizione territoriale e, quindi, l’ufficiale giudiziario percorreva brevi distanze per raggiungere il destinatario della notifica. Con la soppressione il numero dei chilometri si calcola dalla sede del tribunale accorpante e non più da quella soppressa (più vicina) la distanza quindi aumenta inevitabilmente e,  con essa, il costo della notifica. Ciò vale non solo per le notifiche degli atti giudiziali, ma anche per le esecuzioni, come ad esempio la notifica di un pignoramento o lo stesso pignoramento.

Per  avere un’idea dell’incremento si consideri che l’indennità di trasferta è stabilita con decreto del ministero della Giustizia  (D.M.  09.12.2012):

Fino a 6 km. 1,93; fino a 12 km. 3,52; fino a 18 km.  4,86; oltre 18 km per ogni percorso di 6 km o frazione superiore a 3 km  di percorso successivo, nella misura di 4,86 euro aumentata di 1,03 euro.  Per gli atti urgenti ulteriore aumento del 50 %. Ma non è solo questo. Chi porta l’atto da notificare all’ufficiale giudiziario è sempre l’avvocato o il suo addetto dello studio. Ora la soppressione degli uffici fa sì che i legali in zone distanti dal tribunale dovranno addossare al cliente i maggiori costi per ogni trasferta (spese viaggio, benzina…) anche se per semplici adempimenti di cancelleria. Aumenti  consistenti: per fare un esempio per le notifiche ed i pignoramenti sono aumentati dal 200% al 500% ed in alcuni casi sfiorano il 700%.

A tutto ciò vanno aggiunte le spese di viaggio, le estenuanti (e magari improduttive) trasferte che impegneranno buona parte della giornata del  cittadino per accedere, a vario titolo, alla giustizia anche in presenza dei tagli (ovvero soppressione) di tratte ferroviarie e trasporti pubblici su gomma. E vari territori  si sono organizzati, creando apposite associazioni di cittadini, per contrastare i tagli ai trasporti che rende problematico usufruire anche del servizio giustizia.

Quindi una micro-riforma, o meglio, tagli lineari pensata per impedire l’accesso alla giustizia determinato anche dai costi in costante aumento ormai insostenibili che rendono il servizio un “bene di lusso”.

Ciò che serve è più efficienza,  processo telematico, buone pratiche (spesso su iniziativa dei dipendenti e/o degli uffici territoriali con convenzioni locali), intervenire sullo spaventoso arretrato (in particolare del civile) e sull’eccessiva durata dei processi. Soprattutto un confronto con chi conosce la giustizia e non ricette confezionate dai poteri forti e le cui ricadute negative sono sempre a spese dei cittadini come, purtroppo, dimostra la sciagurata applicazione della revisione della geografia giudiziaria che sta  causando (e causerà) disservizi su tutto il territorio nazionale.

Il problema del riordino dell’amministrazione giudiziaria va sicuramente affrontato dal punto di vista normativo, ma ancora prima da quello ordinamentale ed organizzativo. Non con l’abusata e fallimentare tecnica dei tagli lineari, ma secondo un disegno organico che tenga insieme modernizzazione tecnica e procedurale, riorganizzazione logistica e, soprattutto, valorizzazione delle professionalità del personale. In concreto puntando  a snellire e velocizzare le procedure grazie alla digitalizzazione, elaborare e implementare in tutti gli uffici programmi efficaci per il controllo di gestione, rinforzare gli organici con piani mirati per un reclutamento adeguato, riorganizzare gli uffici mettendo al centro il servizio. Questa è la giustizia che vorre(i)mmo.

L’attuale riformicchia, invece, continua a mantenere una “giustizia di carta” con spese folli di cancelleria. Ad esempio: la rivoluzione digitale stenta a decollare tanto che fotocopiatrici, toner e fax la fanno ancora da padrone alimentando milioni di faldoni cartacei. A carico del ministero risultano ancora ben 6786 fotocopiatrici in funzione negli uffici giudiziari sparsi in tutta la penisola. Fotocopiatrici che sono state quasi tutte noleggiate con contratto quadriennale, per un costo complessivo di quasi 12 milioni di euro. A questa somma vanno aggiunti poi i 7 milioni di euro l’anno di toner e carta  !!!!

Tutti costi che vanno ad aggiungersi a quelli sopra indicati.

Non voglio soffermarmi sugli altri aspetti di questa c.d. riforma, ciò che mi interessa soprattutto sottolineare è la spregiudicata ed impudica determinazione con la quale si è imposta ed applicata la sottrazione della giustizia di prossimità e spacciata per una riforma  strutturale della giustizia. Senza dibattito parlamentare (voto di fiducia) e senza informazione e confronto con le parti interessate. Un vero e proprio colpo di mano.  In definitiva: una scelta suicida per  il settore della giustizia che è ormai alla paralisi grazie anche alla c.d. riforma epocale.

Ma nel frattempo la politica continua  (ormai da oltre 20 anni) ad “annunciare” la necessità della riforma della giustizia (???). Ciò conferma palesemente che la riformicchia-tagli era (è) solo fumo per zittire l’Europa mentre si bastona (senza carota) i cittadini, i territori e le loro economie.

Per queste ragioni si rende necessario il referendum abrogativo per chiedere che venga ristabilita la corretta applicazione della giustizia di prossimità, i principi di legalità, ragionevolezza, buon andamento ed efficienza cui tutta la P.A., anche ai suoi livelli più alti – quale è certamente quello dall’amministrazione della giustizia – deve tendere.

Ma il referendum è necessario anche per evitare che la c.d. riforma “epocale” completi il disastro con la soppressione anche dei giudici di pace.

Attraverso il referendum i cittadini possono, con la partecipazione massiccia ed esprimendosi per l’abrogazione della riformicchia, riappropriarsi della giustizia di prossimità un servizio previsto e garantito dalla nostra Costituzione.

Franco Totaro - Coordinamento Spontaneo per la (giusta) controriforma

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