Scrivo in merito alla situazione della struttura che ospita la Casa Circondariale Giuseppe Montalto di Alba che, com'è noto, dall'inizio dell'anno è chiusa in seguito all'epidemia di legionellosi che ha causato il ricovero di alcune persone detenute. In quel frangente si è potuta apprezzare la tempestività con cui ha agito l’Amministrazione Penitenziaria che, al fine di consentire un intervento risolutore, ha organizzato nel giro di pochi giorni il trasferimento degli oltre 120 ospiti della struttura ad altri istituti e la contemporanea risolutezza del Sindaco di Alba che, in seguito alle segnalazioni dell’Asl, con l’obiettivo di tutelare la salute pubblica aveva disposto "la sospensione immediata dell’erogazione di acqua calda sanitaria e la bonifica dell’impianto idrico con prodotti disinfettanti o trattamento termico in attesa della modifica radicale".
Secondo le notizie diffuse dalla stampa locale lo stanziamento per i lavori da parte del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria parrebbe ammontare a 2 milioni di euro ma, nonostante le numerose interlocuzioni verbali intraprese a vari livelli, nulla è dato a sapere sulla reale entità dell’investimento, sulle modalità e sui tempi dell'intervento. Un vuoto informativo che lascia spazio a ogni sorta di speculazione sulle sorti della struttura. In questo periodo di latenza dell’istituto si è potuto costatare come il rincorrersi di notizie contraddittorie, l’affastellarsi di buoni quanto inattuati propositi da parte di alti rappresentanti delle Istituzioni e la sostanziale mancanza di comunicazioni lineari abbiano eroso lentamente quel capitale sociale e umano che la comunità albese aveva saputo costruire intorno al “suo” carcere.
I volontari attivi in azioni a favore dei detenuti, come è ovvio, hanno sospeso l’attività nell’istituto albese, anche se con apprezzabile spirito umanitario e caritatevole continuano a mantenere con molti di loro dei contatti anche visitandoli presso i loro attuali luoghi di reclusione, con la conseguenza che quel collante tra Città e Casa Circondariale da loro rappresentato s’indebolisce giorno dopo giorno. E’ venuta meno la disponibilità espressa da soggetti privati e del Terzo Settore di investire in eventuali percorsi lavorativi e di formazione; le stesse coltivazioni agricole - tra cui un vigneto - rischiano di essere compromesse nonostante le cure di un piccolo gruppo di detenuti applicati ad Alba dal carcere di Fossano ai sensi dell’art. 21 dell’Ordinamento Penitenziario.
Senza considerare l’inevitabile deterioramento che rischia di subire una struttura ormai da molto tempo “disabitata”. A ciò si uniscano le voci preoccupanti che giungono da ambienti sindacali della Polizia Penitenziaria e l’oggettivo disagio che buona parte del personale deve sopportare anche in riferimento alle incertezze riferite al loro luogo di lavoro. In sostanza il territorio fatica a immaginare un rapporto con un’istituzione che nei fatti oggi non c’è e con cui è complicato interloquire.
A tutto questo si associ che da una rilevazione speditiva, effettuata con l’ausilio della rete dei Garanti piemontesi, è emerso che ben poche delle persone già ospitate ad Alba ha avuto l’opportunità di proseguire i percorsi formativi, scolastici e lavorativi intrapresi. Subito dopo la disposizione dei trasferimenti, in una lettera del 7 gennaio us sottoscritta con il Garante Regionale, avevo richiesto una particolare tutela proprio per quei percorsi; allo stesso modo parrebbe caduto nel vuoto l’auspicio formulato a suo tempo che non fossero sottovalutati eventuali profili di responsabilità in una vicenda, non nuova per il carcere albese, che ha messo a repentaglio in modo grave la salute di detenuti e lavoratori.
Al fine di informare in modo completo le istituzioni e la comunità locale con la presente sono gentilmente a richiedere ogni informazione chiarificatrice e definitiva sulla vicenda con l’auspicio che in tempi relativamente brevi sia ridato alla Città un carcere moderno e sicuro per ospiti, agenti, educatori e volontari.














