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Attualità | 11 novembre 2020, 11:23

La Motta (Uil): "A Verduno personale al limite. Se continua così saremo costretti a incrociare le braccia"

Mentre l’Asl Cn2 rassicura rispetto a un paventato "rischio collasso" della struttura sanitaria il segretario provinciale della Funzione Pubblica Uil rincara la dose e chiama in causa la Regione: "Se vogliono trasformarci in un covid hospital lo devono dire in modo chiaro"

Una delle ambulanze giunte ieri a Verduno dal Torinese

Una delle ambulanze giunte ieri a Verduno dal Torinese

"I lavoratori non ce la fanno più. Se continua così saremo costretti a incrociare le braccia. E’ impossibile reggere a un impatto del genere, in un ospedale aperto da pochi mesi e che ora viene chiamato anche a farsi carico di pazienti provenienti da altre zone. La solidarietà è un obbligo, ma i conti dei ricoveri su base provinciale non tornano. Se la Regione vuole il nostro sangue ce lo deve dire in modo chiaro, ma se ne devono assumere la responsabilità, ce lo devono mettere per iscritto".

Parla così Giovanni La Motta, infermiere dell’Asl Cn2 e segretario provinciale della Funzione Pubblica Uil in merito alla ultime nuove che arrivano dall’ospedale "Michele e Pietro Ferrero" di Verduno, nella mattinata di ieri destinatario della richiesta giunta dal Centro operativo regionale di farsi carico di un numero imprecisato di altri pazienti in arrivo dal Torinese, in un quadro che vede il nosocomio aperto nel luglio scorso fare già i conti con un tasso di occupazione che vede i posti-letto dedicati ai pazienti Covid ormai saliti sopra la preoccupante soglia del 60%, con oltre 170 degenti affetti dal Coronavirus su un totale di circa 270 ricoverati.

Un tema sul quale sempre ieri anche il nostro giornale aveva registrato la preoccupata testimonianza del direttore generale dell’Asl Massimo Veglio
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"Altri territori sono più in difficoltà, per cui faremo ovviamente tutto il possibile per rispondere anche a questa richiesta, ma rimane il fatto che avanti di questo passo davvero non so come faremo", ci aveva spiegato il dirigente, da noi raggiunto telefonicamente, ribadendo ancora una volta che il problema di Verduno non sono gli spazi ("ne avremmo a volontà"), quanto il fatto che "già oggi non sappiamo come fare a coprire i turni del personale necessario a dare a tutti questi malati l’assistenza di cui necessitano".

Affermazioni rispetto alle quali in serata si sono sovrapposte le più rassicurazioni proposizioni contenute in una nota con la quale la stessa azienda sanitaria ha comunque confermato gli attuali numeri dei ricoveri ("A Verduno sono stati trasformati reparti e riorganizzate le attività, arrivando a oggi ad avere già allestito oltre 170 posti letto Covid di cui 11 in terapia intensiva e 28 in terapia subintensiva"), escludendo però dal novero del possibile la prospettiva di "un rischio collasso" per la struttura sanitaria. "Tutti i pazienti dell’ospedale Michele e Pietro Ferrero – si legge nello scritto – vengono ospitati in ambienti idonei e con attrezzature pienamente adeguate alle necessità, assistiti da medici e infermieri - competenti e abilitati all’esercizio delle professioni, che dimostrano grandissima professionalità e altruismo, profondendo un impegno ben al di sopra di quanto loro normalmente richiesto. Viene di conseguenza smentita ogni possibile interpretazione in merito al rischio che l’assistenza presso l’Ospedale Michele e Pietro Ferrero di Verduno possa risultare insufficiente o inadeguata".

Di avviso diverso La Motta, che ribadisce invece tutta la preoccupazione per le condizioni in cui medici, infermieri e Oss sono chiamati a lavorare in questo momento.
"Noi così non possiamo più reggere – ribadisce –. Parliamo di un ospedale da 300 posti potenziali avviato ad averne 200 di soli Covid, con tutte le conseguenze del caso in termini di assistenza dei pazienti e per la stessa salute degli operatori. I colleghi sono stremati, sottoposti a turni infiniti ed estenuanti, con giorni di riposo che saltano e ferie bloccate. Molti di loro sono a loro volta contagiati, insieme ad alcuni medici. Altri montano col pannolone per non abbandonare i degenti, mentre questi continuano ad arrivare in un numero che non può crescere all’infinito. Chi di dovere, a partire dalla Regione, deve prendere atto di questa situazione e assumere gli opportuni provvedimenti. Oppure dicano che vogliono che Verduno chiuda e che venga trasformato in un 'covid hospital’. Ma lo dicano".

Temi sui quali sempre ieri era intervenuto anche il consigliere regionale albese Ivano Martinetti, che nella stessa giornata è stato in visita a Verduno e a confronto con la direzione dell’Asl.
"La solidarietà territoriale nei ricoveri è necessaria e doverosa, ma qui c’è qualcosa che non va nei numeri – ha dichiarato l’esponente M5S al nostro giornale a visita terminata– . Qui siamo di fronte a un tasso di incidenza sul totale dei pazienti Covid che non dovrebbe superare il 50% e che invece è già andato ben al di là di quel valore, mentre in altre realtà della nostra provincia non mi risulta che stia avvenendo la stessa cosa. Da tempo denunciamo le carenze organizzative con cui la Regione sta affrontando l’emergenza, ma qui c’è il rischio che a breve la popolazione di questo territorio non possa più fare conto sul proprio ospedale per le proprie esigenze di salute".

Ezio Massucco

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