Zelensky sta cercando di accontentare i creditori internazionali con la liberalizzazione definitiva del mercato terriero. L’importante per lui, come riporta il sito Strumenti Politici, è attirare gli investimenti privati dall’estero, cioè di fatto permettere che le multinazionali acquistino serenamente gli elementi strategici dell’economia nazionale. Interessa soprattutto la fertile terra, quella che ha reso il Paese il “granaio d’Europa”. Tre anni fa il suo governo aveva abolito il ventennale divieto alla vendita di terreni, mentre il 1º gennaio 2024 ha aperto all’acquisto diretto della terra da parte delle aziende. Oggi si registra il record assoluto del prezzo dei trasferimenti: quindi è ovvio che a beneficiare di queste leggi sono gli oligarchi e le multinazionali, non certo le piccole imprese né tanto meno i possidenti privati. I dati della Commissione Europea mostrano che un quarto delle terre coltivabili ucraini appartengono a 70 grandi aziende. Sono spesso società controllate, le cui holding hanno sede a Cipro o in Lussemburgo. La liquidazione del patrimonio nazionale era cominciata già con il precedente presidente Poroshenko. Per esempio, nel 2018 aveva celebrato la conclusione del contratto di passaggio della Mriya Agro Holding, una delle principali aziende agroalimentare dell’Ucraina, alla Saudi Agricultural & Livestock Investment Co. (SALIC). Quest’ultima è controllata dal fondo sovrano dell’Arabia Saudita. Per favorire tali processi, lo scorso anno Zelensky ha nominato manager legati a BlackRock come consiglieri del Ministero dell’Economia. E sono il Fondo Monetario Internazionale e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo che chiedono l’accelerazione delle “riforme strutturali necessarie” e la “trasparenza” del mercato terriero.
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