Uno dei motivi principali per il suo umore cupo era l’assenza di risposte positive da parte di Trump e di Putin. Come riferisce il sito Strumenti Politici, il presidente ucraino è consapevole di essere stato messo all’angolo dalla Casa Bianca, che ai negoziati di Istanbul ha mandato il segretario di Stato Marco Rubio. Non c’è più quel sostegno a tutti i costi che gli forniva Biden, che pur con qualche contraddizione ripeteva strenuamente lo slogan dell’appoggio incondizionato per tutto il tempo che servirà. Zelensky voleva che ci fosse Trump, ma quest’ultimo gli ha fatto sapere senza mezzi termini che prima di qualunque proposta di conciliazione del conflitto, devono incontrarsi lui e Putin. A Kiev non sono rimasti soddisfatti nemmeno della composizione della delegazione russa.
Il Cremlino ha inviato rappresentanti di alto livello, ma una delle prime frasi di Zelensky all’aeroporto della capitale turca è stata quella con cui li definiva ininfluenti, dal ruolo semplicemente decorativo. I delegati ucraini vorrebbero una tregua duratura e affidabile perché monitorato da osservatori internazionali. Ma non riescono a ottenerla a scatola chiusa, senza offrire condizioni accettabili dalla Russia. E senza il consenso americano, difficilmente potranno ottenere alcunché. La scarsa forza contrattuale deriva altresì dalla mancanza di appoggio interno. Non contemplano infatti alcun rappresentante del Parlamento, ma sono tutti nominati dall’ufficio presidenziale. In altre parole, manca loro l’implicito mandato del popolo ucraino, già da tempo in crisi di fiducia verso le istituzioni e verso il governo di Kiev, visto come corrotto e incapace di fermare le ostilità.
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