La Diocesi di Cuneo-Fossano nei giorni scorsi ha presentato il nuovo Report sulla povertà nel territorio della Diocesi.
Il documento offre uno sguardo aggiornato sulle dinamiche della povertà nel nostro territorio.
Frutto dell’assemblaggio dei dati raccolti e analizzati nei Centri di Ascolto parrocchiali e diocesani, intende non solo quantificare il fenomeno della povertà, ma anche comprenderne le cause e le conseguenze sulla vita delle persone e delle famiglie. ‘Destini’ mette in luce come la povertà non sia solo una questione economica, ma una complessa rete di privazioni che può limitare le opportunità, compromettere la dignità e condizionare il futuro, spesso trasmettendosi di generazione in generazione.
Enrico Manassero, Direttore della Caritas diocesana, afferma: "Siamo chiamati a riconoscere i 'destini' di chi lotta ogni giorno contro la povertà e a sentirci corresponsabili nella costruzione di un futuro più equo e solidale. La povertà, come recita il titolo del nostro lavoro, è un'eredità che pesa, ma che insieme possiamo alleggerire".
La ramificata rete di servizi di ascolto e accompagnamento sul territorio consegna una fotografia della povertà che esce dalle semplicistiche generalizzazioni sulle quali, a volte, si concentrano i discorsi quotidiani. La rete Caritas, nel corso del 2024, ha incontrato 1725 capifamiglia (o con la funzione di capifamiglia!!) con un aumento del 8% di nuovi rispetto al 2023. Da segnalare che 566 (pari al 33% del totale) sono nuovi accessi: 1 su 3.
Viene in evidenza un dato che può destare qualche preoccupazione per il futuro quando si raffrontano i dati del quadriennio 2021-2024, in quanto c’è stato un incremento di persone/famiglie del 55%.
Se da un lato questo dato significa una maggiore accuratezza nella schedatura da parte degli operatori nei Centri di Ascolto, registra tuttavia una maggiore difficoltà ad uscire da una situazione di precarietà di coloro che usufruiscono dei servizi da più anni. Si sta consolidando una cronicizzazione della povertà (pari quasi al 50% di chi accede ai servizi). Al netto di valutazioni sui singoli casi (in alcuni Centri si sono fatte letture approfondite della storia di alcuni avventori non più in stato di disagio grave!), c’è da riflettere sul fatto che sono ancora poche le soluzioni di politiche sociali che affrontano la povertà in modo ampio. Un approccio più multidisciplinare favorirebbe una presa in carico più mirata.
Non si può non leggere con una certa preoccupazione il dato che evidenzia come la fascia di maggiore accesso ai Centri di Ascolto è quella tra i 25-45enni, coloro cioè che, anagraficamente, potrebbero essere la forza sociale e produttiva meno esposta (48% nel 2024).
Così pure, destano preoccupazione maggiore i 166 giovani tra i 18 e i 25 anni, in prevalenza richiedenti asilo e immigrati irregolari, bloccati in una situazione di limbo, in cerca di lavoro, cresciuti fino all’8% sul totale degli accessi registrati.
La Fondazione Migrantes evidenzia che nel 2024 a livello nazionale si è registrata la presenza di 16.000 minori stranieri in Italia, mentre i posti previsti nel S.A.I. (Sistema Accoglienza e Integrazione) contemplano solo 6.000 posti: c’è da augurarsi che si facciano pensieri per politiche migratorie adeguate, senza pensare ad un’invasione, come purtroppo alle volte si dipinge il quadro. A maggior ragione se si pensa che per la crisi della guerra in Ucraina, nel giro di alcuni mesi, si sono trovati in Italia 1 milione di posti per l’accoglienza.
Da verificare nei prossimi anni la tendenza già evidente semplicemente osservando i quartieri: le famiglie monocomponenti sono per la maggior parte italiane (56% a fronte del 44% di famiglie straniere); mentre le famiglie con più di 3 componenti (con figli quindi) sono in grande maggioranza straniere (85%). Sarà quantomeno necessario che le Istituzioni pongano attenzione alle politiche migratorie, che non guardino solo all’oggi, ma al domani della società italiana, che avrà sempre più bisogno di includere i nuovi arrivati in percorsi di cittadinanza per far fronte al mercato del lavoro e alla cura delle persone anziane.
Da segnalare ancora nei servizi di bassa soglia, mensa in specie, l’area del Sudest asiatico (Pakistan, India e Bangladesh) rappresentata dal 10% dei frequentatori. Tuttavia, la loro permanenza è molto ridotta: i soggetti registrano una media di 8 accessi e poi ‘spariscono’ dai radar della Caritas. Il che può significare due cose: il fatto che si fermino sul nostro territorio per pochi giorni; oppure che accedano a servizi forniti da loro connazionali, più attrattivi culturalmente. Dato da leggere con estrema cautela, in quanto potrebbe evidenziare una rete di sfruttamento nascosta.
Fondamentale in un percorso di inclusione il tema della cittadinanza e della residenza che maggiormente la favorisce in quanto offre una molteplicità di tutele sia sul mercato della casa che del lavoro. È questo il motivo che spinge la Caritas diocesana a promuovere presso gli elettori lo strumento referendario e a chiedere che l’8 e il 9 giugno prossimi esprimano il SI, riducendo da 10 a 5 anni la residenza legale richiesta ad uno straniero per poter fare domanda di cittadinanza italiana.