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Curiosità | 18 dicembre 2025, 06:02

La storia del "Maialino" rosa della Val Roya, un segno che resiste al tempo e alle tempeste

Un disegno nato per gioco, diventato con gli eventi ed il passare degli anni simbolo di un'intera comunità nei drammatici giorni di "Alex"

Il "Maialino" rosa della Val Roya, simbolo di resilienza di una comunità

Il "Maialino" rosa della Val Roya, simbolo di resilienza di una comunità

C’è una presenza silenziosa che accompagna da decenni chi attraversa la Val Roya. Non parla, non si muove, eppure alzi la mano chi non l’ha mai notata. Sì, lui, il piccolo maialino rosa dipinto su una pietra nel letto del fiume, appena sotto la strada, all’altezza della centrale idroelettrica di Paganin. 

Per tutti, in Italia ma anche oltre confine, è semplicemente “Maialino”. Incredibile, ma vero: per una volta i nostri “cugini” non ne hanno francesizzato il nome. Niente “Cochon”, il maialino è per tutti “Maialino” e basta. 

Sessantadue anni sulle spalle, “Maialino” è diventato molto più di una curiosità lungo la strada verso il mare. È un ricordo condiviso, e per noi che abbiamo qualche anno in più anche un gioco dell’infanzia: non c’era volta che passando di lì lo sguardo da bimbo non cercasse quella pietra in mezzo al fiume. Per tutti, è sempre stato un segnale rassicurante. Generazioni intere lo hanno adocchiato: bastava individuarlo per sapere che il confine non era poi più così lontano.

Come tutte le creature, anche “Maialino” ha un padre. A dipingerlo, quando aveva appena 17 anni, fu José Ricci, originario di Fontan, oggi vicino agli ottant’anni. All’epoca amava la pesca alla trota e quel tratto di fiume era il suo preferito. 

Una roccia, con una forma che assomigliava a un maiale, attirò la sua attenzione. E gli venne in mente un’idea: perché non dar vita a quella pietra? Qualche pennellata di rosa, forse ignaro che la sua opera sarebbe stata destinata a durare una vita intera e oltre, e “Maialino” è nato. Per più di mezzo secolo, quell’immagine è rimasta lì, immobile, a osservare il passaggio del tempo e delle persone.

Poi è arrivata la tempesta Alex, nell’ottobre del 2020. La valle devastata, i ponti crollati, le strade irriconoscibili, i cimiteri spazzati. Eppure in quei giorni, in mezzo a tanta devastazione ed angoscia, quando andavi sui social trovavi sempre qualcuno che si chiedeva se anche “Maialino” fosse stato portato via dalla furia del Roya. Per noi italiani era impossibile raggiungere quei posti e allora ci affidavamo alle testimonianze di chi lì ci abitava. E “Radio Maialino” diceva che la pietra aveva resistito. Sbiadita, scolorita, ma ancora al suo posto. 

(Il "Maialino" prima e dopo la Tempesta Alex del 2020)

Con un nuovo significato. Non più solo un ricordo d’infanzia, ma un vero e proprio punto fermo. In quei terribili giorni nacque l’associazione Remontons la Roya, impegnata nella rinascita della valle, e “Maialino” divenne spontaneamente il simbolo scelto per rappresentarla. Un’immagine capace di unire, di parlare a tutti, in Francia ma anche in Italia.

In una valle che aveva perso riferimenti, strade e certezze, quel disegno semplice su una pietra divenne un faro. La prova che qualcosa resiste, che non tutto viene spazzato via. 

Dopo la tempesta si parlò di restaurarlo ufficialmente, ma l’accesso al fiume era vietato. Eppure, una mattina, “Maialino” è apparso di nuovo rosa. Qualche giovane de La Brigue, raccontano, gli avrebbe ridato colore in silenzio, con pochi colpi di pennello. Un gesto anonimo, quasi clandestino, nello stesso spirito di quello di José Ricci tanti anni prima.

Oggi “Maialino” è ancora lì. Non un semplice disegno, ma la memoria della valle, la sua resilienza dipinta sulla pietra. E finché sarà visibile, chi passerà di lì saprà di essere ancora a casa.



 

Cesare Mandrile

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