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Alba e Langhe | 08 marzo 2011, 11:20

Enzo Bianchi ad Alba: “Prima di credere in Dio bisogna credere all’amore”

“Facciamo fatica ad avere fiducia negli altri. Per questo l’amicizia è diventata rara. Per questo è così difficile l’avventura dell’amore” - ha detto il priore

Da sinistra: Maurizio Marello ed Enzo Bianchi (© targatocn.it)

Da sinistra: Maurizio Marello ed Enzo Bianchi (© targatocn.it)

Un’immensa folla ha accolto Enzo Bianchi venerdì sera 4 marzo ad Alba. Nella sala congressi del Palazzo in Piazza Medford quasi metà delle persone in piedi e per terra ad ascoltare il  monaco e scrittore italiano, in dialogo con il sindaco Maurizio Marello su “Ogni cosa alla sua stagione” (Einaudi), l’ultimo libro del fondatore e attuale priore della Comunità monastica di Bose, felice di passare una serata nella sua terra, tra la sua gente, dice. Un incontro ricco di riflessioni penetranti ascoltate in religioso silenzio dai moltissimi presenti.

Bianchi parla delle sue origini, della sua infanzia a Castel Boglione (AT) in Monferrato, della sua vita attuale solo in un eremo nel bosco, in una cella solitaria e silenziosa con all’esterno un piccolo orto di dieci metri per dieci dove per tutto l’inverno non manca l’insalata dolcissima portata dal Canada e altri ortaggi coltivati personalmente. Su domanda di Marello, il monaco parla degli anni post guerra, dell’arrivo del cinematografo, della prima pista da ballo con il juke box, dei primi immigrati calabresi e sardi, dei tavoli e sedie di plastica che scostavano quelli in legno.

La Chiesa perdeva potere. Ogni anno andavano giù le comunioni e i partecipanti alla messa. Il parroco cominciava a tuonare contro il consumismo e mio padre gli rispondeva: “un tempo voi mangiavate il cappone e gridavate alla provvidenza, ora che lo mangiamo anche noi gridate al consumismo””, ricorda Bianchi. Il monaco traccia poi un profilo dell’Italia odierna: “Grande illusione che l’Italia sia cattolica. Solo il 17% degli italiani va a messa la domenica. A Torino il 2,7%. La religione e la fede sono diventate irrilevanti. I cristiani sono sempre meno, contano meno, in politica non ci sono ma è grazie ai cattolici se oggi siamo in democrazia”, sostiene Bianchi.  

Sfogliando le pagine del libro, Marello chiede al priore dell’amicizia. Bianchi risponde: “Penso che uno dei valori più grandi nella vita sia l’amicizia e per quelli che hanno una vita coniugale, l’amore. All’amore bisogna credere. Prima di credere in Dio bisogna credere all’amore. Credere all’amore è un atto umano di fiducia. Noi cresciamo nella misura in cui abbiamo delle persone affidabili intorno a noi. Cresciamo se sentiamo che queste persone hanno fiducia in noi. Se noi cresciamo senza sentire la fiducia degli altri su di noi, la nostra qualità umana è molto minacciata. Oggi facciamo fatica ad avere fiducia negli altri. Per questo l’amicizia è diventata rara. Per questo è così difficile l’avventura dell’amore. Perché non si crede più pienamente all’altro".

Secondo il priore "Fidanzati deriva da fede eppure oggi non riescono ad aver fiducia l’uno nell’altro. Precari amore ed amicizia perché si sta insieme finché ci si sente di stare insieme. Alla prima difficoltà ci si separa. Manca la fede nell’amore, nell’amicizia, negli altri. Ognuno fa i suoi interessi perché non si crede più negli altri. Ma come si può aver fede in Dio che non vediamo se non c’è fede negli uomini che noi vediamo? Perché i giovani convivono e non vogliono il matrimonio? Il convivere indica finché ce la sentiamo stiamo insieme. E’ la dittatura dei sentimenti e delle emozioni”, sostiene Bianchi.

Il sindaco chiede all’autore una riflessione sulla comunità civile. L’autore cita “La società liquida” del sociologo  polacco Zygmunt Bauman sostenendo “siamo in un momento più critico di altri. Per i giovani è più difficile oggi aver speranza nella vita. Per loro l’orizzonte è nebbioso”, sostiene Bianchi. Per il priore “La grande rivoluzione di fine anni’ 70 ha portato al soggettivismo. Prima la soggettività era negata nella società e nella Chiesa. Quel che mancava era il diritto alla parola. Poi l’emergenza del soggetto che ha portato all’individualismo esasperato in cui ci troviamo adesso, in cui non ci sono più gli altri ma il soggetto fino all’idolatria di sé. C’è la dittatura dell’individualismo e delle emozioni. Le cose non si fanno più come un ragionamento o un confronto con gli altri. Lo slogan è “se mi sento lo faccio, se non mi sento non lo faccio. Ma non può bastare il sentimento quando per fare certe azioni bisogna mettere in conto il sacrificio. Noi abbiamo espulso la parola sacrificio. La mia generazione ha dei torti gravi verso i giovani perché non ha trasmesso il senso del sacrificio”, afferma Bianchi.

Il priore è un fiume in piena. Sull’argomento sacrificio non tralascia esempi passati e presenti di persone che hanno sacrificato e sacrificano la vita per la  libertà. "Sta succedendo ancora oggi dall’altra parte del Mediterraneo", sottolinea.

Lunghi applausi e la serata si chiude con un parallelismo sul pane e vino. “Amo il Porto e il Barolo chinato”, confessa Bianchi ringraziando per una bottiglia di quest’ultimo ricevuta dal sindaco Marello.  

Gisella Divino

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