Le reti televisive trasmettono in continuazione lo sbarco di immigrati sul suolo europeo e confesso che vedendo tanti giovani , penso che qualcosa non quadra.
Per mia sfortuna ho forzatamente subito, nel deplorevole periodo mussoliniano l’ultima guerra e, sebbene fossi un bambino, garantisco che non fu una passeggiata.
Torino era un blocco di case distrutte, mancava il pane e qualsiasi genere alimentare, la fame era una costante che perennemente mi accompagnava, i bombardamenti notturni, prima sporadici, diventarono a cadenza giornaliera e quelli diurni del ’44/ ’45 in giornata, erano ripetitivi.
Il forte urlo della sirena mi generava paura e, con la mamma, correvo per circa un km. per rifugiarmi nella galleria di Pietro Micca avente l’ingresso in corso Vittorio Emanuele e, questa corsa, in molte giornate, raggiungeva le 7 volte.
I militari tedeschi mi incutevano paura e gli giravo al largo, ma avevo ancora più paura dei repubblichini inquadrati nella odiata “decima max”, un accozzaglia di giovinastri che torturavano, fucilavano ed impiccavano con sadico piacere.
La fame e la paura generavano odio anche nei più tranquilli.
Questa è stata la dura vita di quegli anni, ma sia nella mia famiglia che in generale nei torinesi, non è mai balenata l’idea di lasciare la casa o di espatriare, si sopportavano e si combattevano le brutture dell’epoca, sperando ardentemente in una prossima e liberatoria “pace”.
Forte delle negative esperienze passate arrivo a oggi e, la visione di giovani, alti, robusti e rotondi, adeguatamente vestiti e con funzionante telefonino, non quadra con quella di rifugiati che hanno patito le sorti di un paese in guerra; noi eravamo molto più pèoveri, straccioni e scheletrici ed io, non capisco le cause di questo esodo.
Personalmente penso che l’espatrio in massa, non sia l’esigenza della guerra, ma l’occasione per essere considerati “rifugiati” e migliorare la personale posizione.
Lorenzo Garro