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Cuneo e valli | 27 dicembre 2015, 06:00

Suor Lucia e la missione delle suore Giuseppine di Cuneo in Africa

Suor Lucia Gallo ci apre le porte del convento di San Giupeppe di Cuneo per raccontarci il Camerun ed il Congo, e di come oggi, con la stessa fede, le consorelle africane continuano la loro missione pregando per la pace

Suor Lucia e la missione delle suore Giuseppine di Cuneo in Africa

Suor Lucia Gallo ci apre le porte del convento di San Giupeppe di Cuneo per raccontarci il Camerun ed il Congo, e di come oggi, con la stessa fede, le consorelle africane continuano la loro missione pregando per la pace.

 

Qual è la missione in Africa delle suore Giuseppine di Cuneo?

Noi, suore di San Giuseppe di Cuneo, operiamo in Congo dal 1951, e sono tantissime le suore che hanno lavorato in quel contesto in questi anni. Attualmente abbiamo affidato la missione a cinquantaquattro suore, non più missionarie italiane e cuneesi, ma bensì africane: siamo nella fase successiva, quella in cui la congregazione è presente ma a continuare l'attività sono le suore autoctone.

Per quel che riguarda il Camerun, invece, le suore Giuseppine sono presenti dal 1985, ma attualmente abbiamo  dovuto lasciare il paese per motivi di sicurezza, perchè si vive una situazione estremamente drammatica.

Fino all'aprile 2014 erano ancora presenti due suore italiane, che però hanno dovuto tornare in patria a causa della situazione troppo tesa e pericolosa, in cui domina un livello di insicurezza tale che non permette agli europei di essere lì.

Vi è una forte e persistente presenza di gruppi terroristici, come quello capeggiato da Boko Haram, che spalleggiandosi ed alleandosi con l'Isis stanno commettendo durante gli anni un' innumerevole serie di rapimenti, attentati, soprattutto ad oggi, attentati-suicidi, che vedono coinvolti soprattutto donne, ragazzine e bambini.

 

Per quanti anni hai offerto il tuo aiuto e la tua presenza in Africa?

Io ho partecipato alle missioni dal gennaio 2002 fino al giugno 2011, ma altre mie sorelle hanno iniziato molto prima.

Nonostante i pericoli attuali, io e la nostra superiora generale, Madre Maria Nives Chialva, siamo riuscite a tornare per dodici giorni in Africa, dopo tre anni di assenza sul campo.

Nonostante il coraggio delle nostre consorelle africane e la loro attività, la situazione in cui si trovano a operare è tesa e problematica, perchè anche la gente ha timore, ha paura ad esprimersi, a chiedere aiuto, a confidarsi, a parlare.

La nostra presenza in Africa, in questo momento è limitata, perchè non possiamo più essere lì fisicamente.

Ricordo l'ultimo viaggio fatto nel 2012, quando abbiamo accompagnato dei giovani cuneesi, in cui abbiamo visitato le nostre missioni in Africa, incontrando diverse realtà, diverse persone, conoscendo, confrontandoci, dialogando: tutto questo oggi sarebbe impensabile, sarebbe estremamente pericoloso.

 

Di cosa ti occupavi durante la vostra missione?

Inizialmente con le suore italiane e poi con le mie consorelle africane, mi occupavo della parrocchia, della pastorale, della preparazione dei battesimi e della preparazione spirituale dei giovani e degli adulti che dovevano ricevere il sacramento.

In ambito caritativo, poi, mi occupavo dei carcerati, dei malati di AIDS, dei più poveri e di coloro che non riescono regolarmente a curarsi ed a sfamarsi.

Chi è malato di AIDS, è un peso per la famiglia, difficilmente riesce a nutrirsi bene, è emarginato, dalla società e dalla famiglia, viene isolato ed ha  bisogno del nostro aiuto.

Ed esattamente allo stesso modo anche i carcerati spesso perdono gli affetti, perdono la possibilità di ricevere del cibo in più per poter mangiare regolarmente, che noi invece donavamo loro.

In oltre lavoravo e lavoravamo insieme alle donne e per le donne, al fine di promozione umana, e di spingerle all' "auto-coscientizzazione", occupandoci dell' alfabetizzazione loro e dei loro bambini, promuovendo lo studio e l'istruzione.

L'educazione e l'istruzione sono i fattori più importanti su cui noi e la congregazione investe oggi.

I gruppi terroristici che sconvolgono l'Africa riescono ad arruolare molti giovani facendo leva sulla povertà, sull'ingiustizia sociale, sulla miseria, sulla mancanza di lavoro e di prospettive offrendo una "possibilità per riscattarsi".

Diventa quindi un incentivo, per i giovani ed i giovanissimi, entrare a far parte di questi gruppi perchè promettono loro soldi, promettono armi, promettono una divisa militare, e sulla base di queste promesse, i ragazzi sono i primi a morire.

 

Ed oggi, qual è la realtà in cui si trova l'Africa?

In questo momento, la realtà in Africa è una realtà tremenda.

Per chi può restare in Africa, per chi può rimanere, questo è il momento di rimanere. Questo è  il momento giusto per continuare la missione di educazione, di supporto, di formazione di una comunità più unita, più solidale; ma per noi, che abbiamo la pelle bianca, ora, non è il momento.

Avere la pelle bianca è il segno esplicito che i nostri paesi saranno sempre pronti a salvarci la vita, anche a caro prezzo.

Se noi fossimo là potrebbero facilmente sequestrare alcuni di noi al fine di ottenere un riscatto: e pagare un riscatto significherebbe arricchire ulteriormente le loro tasche.

Non sarebbe positiva la nostra presenza lì: dovremmo essere accompagnate e protette  costantemente da una scorta e non potremmo operare come vogliamo, perchè è tutto pericoloso.

Non è la paura, ma l'esame di coscienza che ci siamo fatti a trattenerci dal tornare in Camerun ed in Congo: sappiamo che i soldi che servirebbero per salvarci la vita andrebbero ad alimentare i loro traffici e i loro delitti. E non è sulla guerra che mandiamo avanti la nostra missione, ma è sulla pace e per la pace!

 

Giulia Manzone

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