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Attualità | 27 settembre 2024, 15:31

"Transumanza: il ritorno a casa”: la tradizione delle terre alte di Granda protagoniste del documentario Rai [VIDEO]

In onda il 4 ottobre alle ore 16 su Rai 3 è stato presentato oggi presso lo stand della Regione Piemonte a Terra Madre alla presenza dell’assessore Bongioanni e del senatore Giorgio Maria Bergesio

"Transumanza: il ritorno a casa”: la tradizione delle terre alte di Granda protagoniste del documentario Rai [VIDEO]

Allo stand della Regione Piemonte di Terra Madre è stato presentato il documentario dal titolo “Transumanza il ritorno a casa” alla presenza dell’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte Paolo Bongioanni, del vicepresidente della commissione Agricoltura Giorgio Maria Bergesio, del direttore Rai Documentari Fabrizio Zappi, del presidente Anaborapi Andrea Rabino e degli allevatori Sabrina Agu e Matteo Landra. 

Il prodotto andrà in onda venerdì 4 ottobre alle ore 16 su Rai 3.

 

Servizio Video di Daniele Caponnetto

Il racconto del documentario

In Piemonte, dove viene allevata una razza bovina particolarmente pregiata, chiamata appunto ‘piemontese’ o fassona, esiste una tradizione di transumanza bovina che rimanda a un intero significativo mondo di allevatori. Quasi tutti discendono da famiglie dedite, da generazioni, all’allevamento. I loro nonni e bisnonni spesso abitavano proprio in alta quota, e quando le condizioni di vita in inverno lassù diventavano proibitive sia per le persone che per le bestie, c’era questa consuetudine di scendere con le piemontesi in pianura, per trascorrere i mesi invernali dove il clima era meno crudele.

Ma poi d’estate si riportavano gli animali in quota, e si tornava a casa.

Oggi quelle famiglie abitano in cascine di pianura. La loro vita però continua a svolgersi in due fasi: da ottobre a giugno le fassone rimangono in stalla oppure vanno al pascolo nei terreni intorno alle cascine. Mentre in primavera inoltrata arriva il momento della transumanza, con decine di migliaia di animali che si spostano nei pascoli alpini, in un percorso di uomini e animali che alcuni allevatori vivono come fosse un ritorno a casa.

Matteo Landra, giovane allevatore e malgaro, a Borgo San Dalmazzo si prende cura dei suoi animali assieme ai propri familiari: il padre, lo zio, il fratello, la cugina e il cugino. La gestione sanitaria delle loro fassone è affidata al veterinario Enzo Aime, anche lui cresciuto in una famiglia di allevatori. Così come vive in una grande cascina familiare Arianna Bertola, giovane allevatrice che assieme alla famiglia manda avanti un’azienda nei pressi di Morozzo.


Siamo in provincia di Cuneo, a Carrù, e qui c’è il consorzio degli allevatori dei bovini di razza piemontese, l’ANABORAPI. Guido Garnero, responsabile valutazioni dei tori, si fa portavoce e racconta tutto il lavoro di selezione e miglioramento che da decenni viene fatto nel Centro di Carrù per conservare e migliorare la razza piemontese. Tutto passa attraverso i tori, che vengono individuati, scelti, cresciuti. In moderni laboratori, il seme dei tori selezionati viene raccolto, e conservato.


I tori e il relativo seme vengono a scadenze regolari presentati e proposti agli allevatori.
Il Centro Tori realizza anche un dettagliatissimo albero genealogico: dagli anni ’60 infatti, ogni capo di bestiame che appartiene alla razza bovina piemontese, viene certificato, cioè minuziosamente descritto e catalogato nelle sue caratteristiche e nella sua discendenza dal toro e dalla mucca che lo hanno generato. 

Tutto questo grande racconto lo raccoglie Massimiliano Ossini in veste di scrittore, alla ricerca di spunti ed elementi per un nuovo libro che sta scrivendo sulla transumanza. In questi luoghi, e a contatto con queste persone, Ossini troverà tante vicende e tanti spunti, traendone l’idea che allevare oggi significa svolgere un’attività moderna, nei suoi aspetti tecnici, economici e scientifici, e attuale nelle sfide che ogni allevatore deve fronteggiare, come le insidie determinate dai cambiamenti climatici, oppure i cambiamenti sociali ed economici dovuti allo spopolamento delle aree di montagna e delle relative attività.

Eppure Massimiliano Ossini non potrà non accorgersi che il simbolo stesso del Centro Tori di Carrù si ispira a graffiti rupestri preistorici, ancora visibili a migliaia in alcune aree alpine dove gli allevatori ogni estate conducono i propri capi di bestiame al pascolo. Raffigura una testa taurina stilizzata, che richiama direttamente al mondo ancestrale dei nostri antenati preistorici, che in quelle valli, come in tutta l’Europa, migliaia di anni fa erano già dediti alla pastorizia.

Redazione

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