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Cronaca | 05 giugno 2025, 05:54

Anni di maltrattamenti dopo un matrimonnio combinato, condannato a due anni e mezzo

Vittima una giovane donna. Un'amica: "Dopo la denuncia lei temeva ritorsioni, anche da parte della famiglia"

L'aula del tribunale di Cuneo

L'aula del tribunale di Cuneo

Su di lei quell'uomo aveva un controllo totale: doveva sapere con chi parlava al telefono, chi vedeva e che cosa faceva. Erano arrivati a Verzuolo dall’Albania nel 2020 e lei lo aveva sposato da giovanissima, forse a seguito di un matrimonio combinato. Tutti i soldi che lei rimediava tramite lavoretti saltuari doveva darli a lui. Poi, dopo due anni di matrimonio e l’ennesima lite, in cui lui sarebbe arrivato ad aggredirla fisicamente, tentando persino di strangolarla, ha deciso di denunciarlo e rifarsi una vita.

L’uomo, a processo al Tribunale di Cuneo con l’accusa di maltrattamenti, è stato condannato a due anni e sei mesi di carcere. A due anni dalla denuncia la donna ha ottenuto il divorzio e oggi ha una casa per sé e un lavoro.

Il coinvolgimento della giustizia è arrivato grazie a un’amica a cui lei aveva mandato delle foto dei segni che lui le aveva lasciato sul collo. "Ricordo di aver visto un livido una volta e in un’altra occasione aveva male a una mano. Lei mi disse soltanto che era stato il marito. Non aggiunse altro", ha detto l’amica della donna, chiamata a testimoniare. 

L'amica aveva anche riferito di come la donna fosse timorosa di possibili ritorsioni: "So che la famiglia la chiamò per farle ritirare la denuncia - aveva precisato -. Lui chiamò anche mio fratello per dirgli che non dovevo venire in tribunale a testimoniare. Gli disse che non mi dovevo presentare perché non c’entravo niente. Ma io non ho paura della verità".

Ma di tutt’altro parere era stata la nipote, minorenne, dell’uomo. Testimone diretta dell’aggressione, secondo il pubblico ministero, quando era stata chiamata a testimoniare la giovanissima aveva sostenuto che in realtà quei segni la donna se li sarebbe procurati da sola: "Non li ho mai visti litigare - aveva detto -. Penso fosse una coppia molto felice. Quel giorno lo zio voleva il cellulare della zia e lei non glielo ha dato. Poi l’ho seguita in bagno e l’ho vista mettersi le mani alla gola e farsi i segni. Mio zio è molto tranquillo, non farebbe mai male alla zia". 

Di una relazione felice tra i due ha anche parlato la sorella dell’uomo: "Il loro non era un matrimonio combinato. Avevano deciso tutto insieme"

"Un contesto di timore anche in situazioni ordinarie" ha eccepito il sostituto procuratore Francesca Lombardi che per l’imputato aveva chiesto la condanna a tre anni di carcere. "Emerge un quadro di una persona offesa vulnerabile - ha precisato il pm- e che soprattutto non può essere colpevolizzata solo perché a 22 anni ha capito che la sua vita poteva essere diversa. La ragazza non si è sottratta all’esame e non si è costituita parte civile, ha solo ritenuto di dar corso a un suo personale senso di giustizia"

Quanto alla difesa dell'uomo, le sue legali hanno sostenuto essere un legame "viziato da differenze culturali e linguistiche" ma anche dai fraintendimenti su chi avesse davvero sottratto gli spazi alla giovane che, tra l'altro, non avrebbe ricevuto alcuna pressione dal marito ma dalla famiglia di orgine. Nessun colpo, poi, le sarebbe inferto, solo "spinte". Lui, dal canto suo, sarebbe stato "geloso di una relazione che cominciava a intravedere” ma non violento: “Nessuno nega che fosse una vita matrimoniale per lei spiacevole - hanno concluso- che volesse liberarsi di un marito che ci dice di non aver mai amato. Non c’è prova delle violenze, semmai di un menage poco piacevole".

CharB.

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