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Cronaca | 06 ottobre 2025, 19:48

La bella vita con i soldi dell'anziana che circuì: la Corte d'Appello conferma la condanna dell'imputata

In primo grado Raffaella Cravetto era stata condannata a due anni e nove mesi di carcere. La vittima, una donna monregalese affetta da alcune patologie psichiche: "I braccialetti di mia madre, i miei ricordi, quelli di mio fratello sono tutti spariti"

Il tribunale di Torino

Il tribunale di Torino

Per due anni, dal 2016 al 2018, Raffaella Cervetto era stata l’amministratrice di sostegno di una 53enne residente a Mondovì che, affetta da alcune patologie psichiche dal’91, aveva bisogno di aiuto per gestire il suo patrimonio. 

Tutto iniziò quando una paziente del centro di salute mentale di Mondovì le presentò la Cervetto: “Prima mi voleva bene – aveva spiegato la donna in tribunale a Cuneo- e quando stavo male mi aiutava. Dopo ha iniziato ad angariarmi in tutti i modi. Mi insultava, mi minacciava e mi ha fatto vendere la casa. Le avevo dato la mia carta di credito perché diceva che ne aveva bisogno: mi aveva fatto spostare il conto da Mondovì alla filiale di Cuneo”.

L’amministratrice, rinviata a giudizio con l'accusa di circonvenzione di incapace, e per cui si era chiuso nel 2024 il processo di primo grado a Cuneo, era stata condannato a due anni e nove mesi di reclusione.  A febbraio, è arrivata la conferma della sentenza condanna da parte della Corte d'Appello di Torino. 

“Quando hanno comprato la casa - aveva  continuato la monregalese in aula a Cuneo- lei si era presa i soldi della vendita. Diceva che il denaro in quella banca non era sicuro e che li avrebbe messi in una cassaforte. Io non però non l’ho mai vista”.

Dopo averla convinta a stipulare una cessione del quinto della pensione da 900 euro, l'anziana vittima venne sistemata in un alloggio della Caritas a Cuneo e poi spostata a San Pietro del Gallo, dove viveva con un’altra donna: “Nel garage di quella casa erano stati sistemati i miei mobili. Avevo implorato Raffaella di non darli via. Dalle indagini ho saputo che con i miei soldi si è comprata la macchina e dei gioielli. Voleva farmi firmare degli assegni in bianco, perché diceva che servivano a pagare i ristoranti. I braccialetti di mia madre, i miei ricordi, quelli di mio fratello sono tutti spariti. Ora, grazie al centro di salute mentale, ho un’altra vita”.

Redazione

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