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Attualità | 21 ottobre 2025, 10:12

Ceresole d’Alba e il progetto di coltivazione riso-pesce, raccontato all’Aperitinca di Cascina Italia [FOTO]

Un sistema che combina l’allevamento della tinca di Ceresole d’Alba e la coltivazione del riso Gigante Vercelli nello stesso campo allagato, riducendo fertilizzanti e pesticidi

In foto Cascina Italia che ha aperto le porte per Aperitinca, a Ceresole

In foto Cascina Italia che ha aperto le porte per Aperitinca, a Ceresole

Ci sono pochi dubbi sul fatto che il riso sia una delle pietanze più apprezzate dai buongustai e se questo poi viene associato ad una particolare specie della fauna ittica il risultato non può che essere straordinario.

Stiamo parlando del riso Gigante Vercelli e della tinca di Ceresole d’Alba, Presidi Slow Food e grandi protagonisti dell’Aperitinca, un appuntamento che ha unito la passione per i piatti di riso e un pesce che ama le acque dolci del Roero.

Il mix di tradizione e innovazione che caratterizza queste eccellenze del territorio piemontese è stato infatti al centro di un viaggio sensoriale partito domenica 31 agosto da Ceresole d’Alba, per arrivare alla scoperta delle proprietà e delle preparazioni più autentiche di un inedito binomio gastronomico.

L’evento è stato organizzato da Cascina Italia allo scopo di celebrare i trent’anni di cultura delle tinche, in collaborazione con Cascina Quaglia, azienda risicola Varalda, azienda Ideariso, Slow Food Alba Langhe e Roero, Slow Food Vercelli e Slow Food Pinerolese, tutti protagonisti di una serata dedicata alla degustazione e all’informazione.

L’occasione era pennellata per fare due chiacchiere con Giacomo Mosso (foto sotto), titolare di Cascina Italia ed esperto di tinche, che ha presentato un progetto dove terra e acqua s’incontrano attraverso l’allevamento di tinche nelle risaie vercellesi, in pratica di come le risaie possano diventare non solo l’ambiente dove produrre il pregiato riso, ma anche un presidio ambientale di sostenibilità e biodiversità.

Il sistema di coltivazione integrata riso-pesce

La sinergia tra allevamento ittico e produzione di riso nello stesso campo allagato è stata sperimentata, grazie alla collaborazione con Pier Giorgio Varalda di cascina Muleggio, Maurizio Tabacchi di cascina Vercellina e Giorgio Michelone di cascina Quaglia, che hanno creduto in un progetto partito da lontano. «Quest’anno, più precisamente a metà giugno, abbiamo immesso nelle risaie alcune decine di riproduttori (maschi e femmine), che hanno dato alla luce alcune migliaia di avannotti di tinche. Questi sono stati recuperati tra fine agosto e settembre quando i risicoltori asciugano le risaie per poi effettuare la trebbiatura», ci ha spiegato Giacomo Mosso, sottolineando il bilancio positivo dell’iniziativa.

I dati parlano chiaro. Il pesce immesso nei mesi scorsi ha diversi effetti positivi nella risaia, che presenta caratteristiche propense all’allevamento ittico, come ad esempio un terreno con una buona ritenzione idrica, tale da mantenere costante il livello dell’acqua. Per contro, i pesci si cibano di insetti, alghe e parassiti del riso, filtrando l’acqua nella quale nuotano. In questo modo, per la produzione di riso si riduce drasticamente l’impatto chimico di fertilizzanti e pesticidi. Anche il terreno trae beneficio dalla presenza dei pesci, ricevendo una concimazione organica mediante le loro deiezioni. Ulteriore vantaggio è il ruolo che hanno i pesci nel predare gli insetti acquatici e le loro forme larvali, in particolare delle zanzare, collaborando così alla riduzione del diffondersi di malattie.

L’esperienza di allevamento integrato ha dimostrato la fattibilità della consociazione riso-pesce. Lo conferma Maurizio Tabacchi di cascina Vercellina (nella foto sotto): «Le sostanze nutritive utilizzate nell’alimentazione del pesce negli appezzamenti di riso derivano dal pabulum nutritivo presente nel limnos e nel periphiton delle piante presenti nella zona. Il pesce utilizza e smuove il suolo con un effetto benefico, aumentando la porosità dell’interfaccia suolo-acqua a beneficio della coltura del riso che migliora la struttura del suolo e ricicla i nutrienti (azoto, fosforo…). Inoltre, aiuta a rimuovere le larve di ditteri simulidi (vettori ad esempio di malaria e dengue), altri insetti e gasteropodi quali la chiocciola portatrice della schistosomiasi, collaborando quindi con la sanità pubblica».

Questo sistema, che unisce biodiversità, ambiente e sostenibilità, ha dovuto fare i conti con alcune minacce, come ha riferito in conclusione Maurizio Tabacchi: «Nelle risaie allagate ci sono state perdite di avannotti a causa dell’azione di uccelli predatori tipo l’airone e l’ibis, normalmente piscivori, ma soprattutto del gambero rosso della Louisiana, detto anche 'gambero killer'. Questa specie, infatti, è onnivora e può causare impatti negativi all’ecosistema invaso, perché è vorace e si nutre di macro-invertebrati acquatici, larve di anfibi, uova di pesci e piante acquatiche. Inoltre, scava come una trivella specialmente in terreni limo-argillosi come le risaie, favorendo la torbidità dell’acqua (che riduce la penetrazione della luce) e l’instabilità (fino al crollo) di piccoli argini».

Tuttavia, l’esperienza ha stimolato l’interesse a replicare il sistema integrato della coltivazione di riso con l’allevamento della tinca, perché ha mostrato e dimostrato l’efficacia dei risultati fin qui ottenuti solo per passione, per sfida, per missione, per amore al territorio, per poter reinventare l’agricoltura. O, perché no, forse anche per tutte queste cose insieme.

La tinca di Ceresole d’Alba, un tesoro nascosto nel Roero

Nelle acque del Roero si cela un segreto che pochi conoscono, ma che merita di essere svelato: la tinca di Ceresole d’Alba. Questi pesci, allevati con passione e rispetto per l’ambiente, sono una vera eccellenza nel panorama culinario. La loro carne magra e ricca di proteine e Omega 3 è frutto di un ambiente unico, di una tradizione secolare e di una cura che si riflette in ogni boccone. Al centro di questa eccellenza c’è Cascina Italia, l’azienda gestita da Giacomo Mosso che da decenni si dedica all’allevamento delle tinche, sfruttando la particolare argilla delle peschiere, che permettono uno sviluppo lento e naturale dei pesci, conferendo loro una carne dal sapore non fangoso e povera di spine, contrariamente a quanto si potrebbe pensare.

Una storia di qualità e sostenibilità

Tutto l’impegno profuso ha permesso alle tinche di Ceresole d’Alba di diventare Presidio Slow Food, che attesta l’allevamento sostenibile e il rispetto per l’ambiente. Essa può persino vantare il marchio di prodotto a Denominazione di origine protetta, un riconoscimento che ne garantisce l’origine e la qualità superiori. Questa certificazione si aggiunge al pregio della tinca di rientrare nel paniere dei prodotti tipici della provincia di Torino. Ma non è finita qui. Per valorizzare questo pesce così prelibato, nel 2003 è anche stata fondata l’Associazione degli “Amici della Tinca di Ceresole d’Alba”, composta da un gruppo di amici che condividono la passione per la storia e la tradizione legata alla tinca.

Un mondo di sapori e tradizioni

Le fonti narrano dell’allevamento delle tinche nella cosiddetta zona del Pianalto (area compresa tra le province di Asti, Cuneo e Torino) già dal XIII secolo, quando le tinche erano impiegate come moneta per il pagamento delle gabelle.

Le tradizioni economico alimentari imponevano la pesca delle tinche adulte in primavera per limitare la loro riproduzione e successivamente la loro cattura al termine dell’estate. Queste tradizioni sono rimaste ed ancora oggi si consuma la tinca da maggio ad ottobre.

Cascina Italia è una vera e propria custode della tradizione dell’itticoltura di questo angolo del Roero. Qui l’allevamento delle tinche nasce contestualmente alla preoccupazione dei rasatà (nome dato dagli abitanti di Ceresole d’Alba che significa letteralmente “bruciati, riarsi”) di ottenere acqua per abbeverare il bestiame e per irrigare i campi nonché per usi domestici in un’area geografica caratterizzata da modeste precipitazioni atmosferiche.

E così, già nella prima metà del ‘900, i contadini si ingegnarono, costruendo le cosiddette peschiere, laghetti artificiali dove raccogliere l’acqua piovana e quella ottenuta dallo scioglimento della neve, fondamentale per la vita di uomini ed animali nella stagione più calda.

In queste grandi vasche, poi, gli agricoltori pensarono anche di allevare le tinche. Nel mese di settembre, quando le peschiere ormai prosciugate dal consumo e dal sole lasciavano scoperti i loro fondali, Ceresole ed i paesi dei dintorni facevano festa intorno all’abbondanza delle tinche, che dovevano essere consumate in breve tempo, poiché non esistevano tecniche progredite di conservazione alimentare.

I pesci venivano quindi semplicemente raccolti e poi fritti o fatti in carpione (ricetta a base di aceto e salvia) per essere conservati più a lungo. Le piogge autunnali e lo scioglimento della neve in primavera rigeneravano le peschiere ormai vuote, ricominciando il ciclo perenne della vita.

Un patrimonio da scoprire e valorizzare

Di colore olivastro con riflessi dorati, la tinca vive in acque ferme o con poca corrente, ricche di vegetazione sommersa e che possono raggiungere anche temperature estive piuttosto elevate. È in grado di sopportare acque piuttosto acide, bassi livelli di ossigeno e di vivere a lungo all’asciutto (in presenza di elevata umidità). Non ama particolarmente la luce: infatti, dimostra maggiore attività nelle ore notturne e crepuscolari. Durante i mesi caldi, la tinca staziona in acque basse, lungo i canneti o in aree ricche di vegetazione sommersa. Durante i mesi più rigidi invece, entra in una sorta di letargo e sverna affossata nel limo del fondo. La dieta della tinca normalmente include insetti, crostacei, molluschi, vermi, alghe, macrofite acquatiche, detrito organico, senza escludere qualche piccolo avannotto o immaturo.

La tinca è un pesce che piace a tutti. Ai pescatori, perché non è così facile da catturare. Agli ittiologi, perché è un pesce autoctono delle nostre acque e da tutelare. Agli appassionati in genere, perché è un pesce elegante che raggiunge una taglia media di circa 400/500 grammi anche se ci sono esemplari adulti che arrivano a pesare fino a 6 kg; ha il corpo allungato di circa 30 cm di lunghezza e due barbigli in corrispondenza della bocca. Bellissima, no?

Silvia Gullino

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