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Economia | 05 dicembre 2025, 11:45

I soldi non sono un tabù: come “curare” il conto corrente

A colloquio con l’esperto di ristrutturazione crediti e debiti Enrico Porrino - A cura di Renata Cantamessa

I soldi non sono un tabù: come “curare” il conto corrente

Tra l’inflazione che morde il carrello della spesa e i mutui che ci attendono puntuali come il coprifuoco di Cenerentola, parlare di "educazione finanziaria" suona spesso come quel consiglio della nonna che ti dice di coprirti quando hai già trentotto di febbre. Eppure, ascoltando l’intervento di Enrico Porrino, Responsabile Ristrutturazione Crediti di Banca d’Alba, in occasione di una convention stimolante organizzata da Confindustria Cuneo, qualcosa non torna. Niente grafici incomprensibili per iniziati, ma parole come "sartoria", "muoversi insieme" e, qua e là, citazioni di Martin Luther King che ci fanno sentire meno soli. Porrino è l’uomo che le “sofferenze bancarie” le frequenta da anni, dalla colazione al fine giornata lavorativa. E ne ha fatto una teoria: il problema non è il debito, ma il tempo.

Quando la gente sente "Educazione Finanziaria" pensa a pratiche per addetti ai lavori, o a qualcuno che ti rimprovera perché hai speso troppo o non hai investito bene. Lei, invece, è partito da un concetto diverso: dice che “non è scontata”. In che senso?

È molto semplice. L'educazione finanziaria non è una lezione accademica: oggi rappresenta uno strumento di sopravvivenza. Nel nostro territorio abbiamo famiglie e piccole imprese che non sanno distinguere un momento di difficoltà temporanea da un crac definitivo. Il mio obiettivo professionale è smontare l'idea che la finanza sia una scienza occulta. E non è scontato perché, spesso, manca l'ABC: distinguere, cioè, quando si sta passando dal "tutto bene" al "forse ho un problema".

Nel suo intervento ha pronunciato una parola fuori contesto: "raffreddore". Intendeva che essere al verde è come avere l'influenza?

Esattamente. C'è una differenza enorme tra un raffreddore e una malattia terminale. La situazione finanziaria vive di stadi: c'è la "contentezza", l'indifferenza e poi il sovra-indebitamento. Il problema è che molti aspettano di essere in terapia intensiva per chiedere aiuto. Al contrario, noi dobbiamo intervenire quando c'è il primo starnuto. Identificare lo stato di difficoltà, infatti, non significa guardare solo chi ha già smesso di pagare, ma anche chi potrebbe non farcela domani.

Andiamo sul pratico. Lei ha parlato di "presunzioni": come facciamo a sapere se siamo un "presunto" debitore a rischio?

Ci sono segnali chiari. Se un lavoratore viene da me e mi dice "sto per avere problemi a pagare", quella è una dichiarazione volontaria, cioè una "presunzione assoluta" di difficoltà. Ma c'è anche la "presunzione relativa": basta avere una rata scaduta da oltre trenta giorni. Se scatta quel campanello d'allarme, non bisogna nascondersi. È lì che si gioca la partita.

Lei ha presentato un grafico che non è proprio tutto “rose e camomilla”: una discesa che va dal verde al rosso profondo. Ci spiega questa "zona rossa"?

È la mappa del tempo. Immagini un ventaglio. Se lei viene da me quando ha zero rate scadute, o al massimo una, il ventaglio delle soluzioni è spalancato: è la fase in cui possiamo fare tutto. Se aspetta di avere due rate scadute, o sessanta giorni di sconfinamento, entriamo in una zona arancione: le normative bancarie ci impongono restrizioni, il cliente diventa "attenzionato" (o forborne, in termine tecnico). Se arriva a tre rate scadute o novanta giorni di rosso, è classificato come "deteriorato". Lì il ventaglio si chiude. La banca non ha più margini di manovra. Il tempo è l'unica variabile che non possiamo comprare, ma che può ribaltare il finale.

D’accordo, arriviamo in tempo. Ma cosa ci offrite? Un altro prestito per pagare il prestito? Il classico cane che si morde la coda?

Assolutamente no. Parliamo di misure di concessione basate sulla razionalità economica. Qui entra in gioco il concetto di tailor made, il “su misura”. Non siamo un algoritmo. Possiamo proporre una moratoria, allungare la scadenza del mutuo per abbassare la rata, rinegoziare i tassi o rimodulare i pagamenti. L'obiettivo è "muoversi insieme". Non serve affondare il cliente, tutto all’opposto: serve riportarlo a galla. E questo è il mio compito, ogni giorno.

Lei ha citato Martin Luther King: "non è necessario vedere l'intera scala, l'importante è salire il primo gradino". Tradotto in “banchese”?

Potrebbe sembrare poetico, ma è tremendamente pragmatico. Quando una famiglia o un imprenditore si trova davanti a un debito che sembra una montagna, si paralizza. La paura fa sempre lo stesso effetto: blocca. Quella citazione serve a dire: “non guardare l'intera montagna di debito, concentrati sulla prima rata che possiamo sistemare oggi”. È l'unico modo per uscire dal tunnel: un passo alla volta, ma il primo passo lo devi fare venendo in filiale, non scappando.

In conclusione, se dovesse dare un consiglio a chi sta leggendo e ha il conto in banca con quel famoso "raffreddore"?

Vergogna e finti pudori non servono, sono pure controproducenti. La difficoltà finanziaria è una condizione tecnica, non una colpa morale. Ma diventa una condanna se la si ignora, rinviandola a “momenti migliori”. Venite a parlarne quando siete ancora nella "zona verde", o al massimo all'inizio di quella gialla. Prima arrivate, più strumenti abbiamo. Se aspettate il rosso, non c'è sartoria che tenga: il vestito non ve lo possiamo più cucire addosso.

C.S.

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