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Fossanese | 05 aprile 2016, 10:45

Una giornata di riflessione, a Fossano, su welfare e ripartenze

Si è tenuto sabato 2 aprile al castello degli Acaja a Fossano

Una giornata di riflessione, a Fossano, su welfare e ripartenze

Sabato 2 aprile, a Fossano, si è tenuto un intensissimo convegno sul welfare generativo. Molti e intensi gli interventi che hanno sviscerato il discorso sia dal punto di vista normativo che da quello umano per individuare le strategie per un nuovo modo di vivere. Fossano parrebbe essere il terreno giusto per questo tipo di esperienze, come sottolineato dal direttore della Fedeltà Walter Lamberti che ha moderato l’incontro, perché “a Fossano c’è una rete di ricchezze umane già collaudata”.

Una rete che ha portato ad inaugurare, sempre lo scorso sabato l’officina del possibile che mette insieme realtà diverse profusamente ringraziate da una commossa assessora al volontariato Cristina Ballario che si è congratulata con Beppe Beccaria, Nino Mana, Maurizio Bergia, Maurizio Ovidi e Ivano Bresciano per “aver portato il sogno dagli occhi al cuore e averci creduto nonostante tutte le difficoltà incontrate.”

Una rete che è “l’immagine di un intero territorio" come ha sottolineato il viceministro Andrea Olivero che ha presenziato al convegno come uomo politico, ma anche come uomo di quel terzo settore dal quale proviene. Ha infatti applaudito, Olivero, la capacità di fare leva sulla responsabilità della comunità. “Occorre una risposta quantitativamente importante per la lotta alla povertà. Stiamo assistendo ad un passaggio drammatico dalla povertà relativa a quella assoluta. In un momento come questo il welfare deve tornare a fare parte del nostro patto di cittadinanza e le realtà come l’officina del possibile sono indispensabili per la verifica dei bisogni in modo che lo stato possa riuscire a formulare delle risposte adatte a bisogni in mutamento”, con queste parole il viceministro Olivero ha sottolineato l’importanza della partecipazione della comunità pur impedendo che lo Stato si ritiri dall’ambito sociale.

Il progetto dell’officina del possibile è nato all’interno della Fondazione NoiAltri che è partecipata dalla Diocesi e dalla Fondazione Cassa di Risparmio e racchiude al suo interno una quindicina di associazioni che operano nel sociale tra le quali “Il Ramo”, “Il Viandante” e la Caritas Diocesana che hanno dato vita operativamente all’impresa. Per questo motivo sono intervenuti al convegno anche don Derio Olivero e il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Fossano Antonio Miglio. Don Derio ha sottolineato come la storia sia il cambiamento costante di quelle cose che permangono fondamentali. “Stiamo portando il discorso al “noi”, e la diocesi fa parte di questo noi” ha commentato.

Anche Antonio Miglio ha abbandonato la sua proverbiale riservatezza ed è salito al tavolo dei relatori con un accorato discorso “Uniti si fa di più. Nel 1700 a Fossano i cittadini hanno realizzato un ospedale, due orfanotrofi, due case per i disabili e due case di riposo – ha detto – tutte con le forse della comunità. Poi è intervenuto lo Stato. Ora occorre risollecitare quello spirito tipico dei fossanesi, seppur senza uscire dallo stato.”

Beppe Beccaria, presidente della Fondazione NoiAltri ha raccontato la genesi della Fondazione e del progetto dell’Officina del possibile che si “inquadra in un sistema sociale in evoluzione”.

Il convegno è poi entrato nel vivo con la dottoressa Chiara Lodi Rizzini del dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università di Milano che in un intervento dal titolo “La povertà alimentare e le risposte possibili” ha illustrato i dati allarmante della povertà alimentare in Italia. Stando ai dati elaborati dagli osservatori sono 5 milioni e mezzo le persone, in Italia, che non riescono a fare un pasto a base di carne o pesce, o equivalenti vegetariani, ogni due giorni. I dati si aggravano al Sud, ma il problema è diffuso in tutta Italia. Nel nostro caso non si tratta di assenza di cibo, ma di carenza di risorse per acquistarlo. “Sta aumentando la cosiddetta area grigia del disagio, arginabile solo frenando lo spreco delle 5,5 milioni di tonnellate di alimenti sprecati ogni giorno nel nostro paese. Prodotti alimentari gettati via perché non commerciabili, ad esempio, per difetti di confezionamento. Diventano fondamentali gli empori solidali e la rete di imprese – volontari – fondazioni e istituzioni chessta loro dietro. Il numero degli empori è cresciuto sensibilmente: sono 59 in Italia nati dal 2009 ad oggi. Di questi ben 44 dal 2013. si stima che il loro rendimento sia 7 volte superiore all’investimento e che contribuiscano a risparmiare 7000 kg di alimenti ogni giorno. Nelle città in cui sono presenti gli empori, questi coprono il 50% del fabbisogno alimentare delle famiglie in povertà alimentare, e la maggior parte di queste persone sono bambini. Occorre però una rete e il sostegno delle istituzioni.

Il momento più forte è stato quello dell’intervento di Franco Floris, direttore della rivista “Animazione sociale”, uomo “che entra nelle pance della gente” e che crede “nella reciprocità della solidarietà, nella necessità di ascoltare con calma chi ha trovato la strada del possibile nei momenti di estrema difficoltà”. Le parole di Floris hanno colpito al cuore il pubblico. Con pacatezza ha esortato il pubblico a “diventare generativi, imparando un nuovo modo di vivere. Non c’è la beneficenza – ha detto – ma una restituzione, una reciprocità. Senza l’incontro tra diverse ricchezze non c’è una reale opportunità per tutti. L’obiettivo è quello di non abbandonare nessuno. La privatizzazione della povertà è un impoverimento per tutti, la comunità avvizzisce. Occorre una redistribuzione: reddito minimo, istruzione, politica del lavoro, perché la gente è alla spasmodica ricerca di altro. Negli anni le cooperative sociali si sono specializzate in servizi, il terzo settore ha peccato di leggerezza restando troppo negli uffici. Occorre che gli operatori scendano nella pancia della gente al fianco di chi ha bisogno stringendo alleanze tra il mondo delle “co” e le istituzioni”.

Le parole di Floris hanno concluso il convegno, cui è seguita una tavola rotonda dal titolo “Piste e stazioni di posto” che ha visto l’intervento di Augusto Ferrari, assessore regionale che è d’accordo sulla necessità di “cambiare il punto di vista. Il malfare non è un insieme di servizi che un ente eroga, ma si genera insieme. È più forte l’inclusione dell’erogazione. Occorre mettere a sistema in modo strutturato tutti i protagonisti del territorio per dare una risposta ai bisogni. Occorre un’ulteriore implementazione e messa a regime del sistema di reciprocità.

Il moderatore, Ivano Bresciano, del consorzio Monviso Solidale, ha poi dato la parola a Pier Luigi Dovis, presidente della CARITAS Piemontese che ha evidenziato i rischi delle reti. “Il problema della rete è che non si sa da dove comincia. Occorre una governance e si deve costruire sull’obiettivo e non sul progetto. C’è bisogno di una società civile che si interfacci con le istituzioni occorre fare in modo che gli empori generino nuova economia".

Anche Giulia Manassero della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo è intervenuta illustrando i progetti re-start e new che puntano sull’innovazione sociale. “Anche l’isola felice della provincia di Cuneo ha iniziato a denunciare sofferenze. L’obiettivo della Fondazione è stato quello di non essere solo quelli che ci mettono i soldi, ma aiutare offrendo competenze

Livio Tesio, direttore del Consorzio Monviso Solidale che in modo molto sintetico ha spiegato il ruolo degli enti consortili. “Gli enti fanno fronte a un mondo in movimento con una staticità tipica dell’ente pubblico. Il ripensamento degli enti gestori va pensato con attenzione e competenza. Negli anni si è instaurata una buona prassi di corresponsabilità con la sanità territoriale e il consorzio è riuscito a lavorare bene in diversi campi. Purtroppo non in tutti. I vincoli lo rendono poco efficace con gli ultimi. La sfida del progetto New è quella di rendere più stretto il rapporto tra istruzioni per rendere quotidiano il lavoro.

Ultimo cronologicamente, ma non per importanza visto il suo ruolo di presidente della cooperativa “Il Ramo” uno degli attori protagonisti della nuova Officina del Possibile, è stato Maurizio Bergia.  “Le parole sono importanti, ma quando dietro ci sono le persone diventano potenti. In questi anni abbiamo assistito ad uno spostamento dall’Io all’Assoluto e questo ha generato una società di persone economicamente stabili ma umanamente infelici. Il Noi va a rompere questo ritmo. L’emporio è nato grazie al lavoro di volontari che senza che nessuno chiedesse loro di farlo hanno lavorato ininterrottamente. Questa mattina alle 8.30 erano in negozio a controllare che tutto fosse a posto. Bisogna smettere di guardare al PIL e puntare su indicatori che tengano conto del contesto, della soddisfazione personale. Il PIL aumenta se ci sono più incidenti, e non lo fa se migliora il benessere delle persone. Secondo uno studio dell’università di Reding, donare fa bene. Chi fa volontariato si ammala di meno e consuma meno medicinali.

Argomenti complessi che si sono interrotti solo perché il tempo a disposizione è venuto a mancare e l’inaugurazione del pomeriggio incombeva, ma gli spunti di riflessioni per persone e istituzioni sono stati molti. 

Agata Pagani

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