L’assemblea nazionale del Pd, conclusasi alle 17,30 all’hotel Parco dei Principi di Roma, non ha sgombrato il campo da una possibile scissione. Ma non ha nemmeno deciso in senso contrario.
Tutto è stato rimandato a martedì quando la direzione nazionale aprirà la procedura congressuale. Matteo Renzi si è dimesso e toccherà al presidente del partito, Matteo Orfini, gestire la complessa fase che il Pd si appresta ad affrontare.
A poche ore dal termine dell’assemblea, tra dirigenti e parlamentari serpeggiano gli stessi timori, forse addirittura accentuati, rispetto a quando avevano fatto il loro ingresso al Parco dei Principi. Matteo Renzi si è mostrato determinato e poco incline a fare concessioni ad una minoranza che si è però presentata in ordine sparso.
L’intervento di Michele Emiliano, uno dei più strenui oppositori di Renzi, che a sorpresa ha mostrato di voler mantenere vivo il filo del dialogo nonostante i toni duri del giorno prima, non è stato condiviso dagli altri esponenti della minoranza, Enrico Rossi e Roberto Speranza. Chiara Gribaudo, giovane deputata cuneese vicina a Matteo Orfini e vicecapogruppo Pd a Montecitorio, esprime apprezzamento per le considerazioni espresse da Valter Veltroni, mentre considera quello di Emiliano un “intervento tattico e tardivo”.
"L'intervento di Emiliano quasi in chiusura di assemblea – spiega Gribaudo - lo definisco tattico per il semplice fatto che chiedere aperture dopo aver raccolto firme, lanciato piattaforme per il congresso, chieste le dimissioni di Renzi mi pare poco coerente con una volontà di effettiva collaborazione. Si discuta davvero nel congresso, ci si misuri tra candidati su proposte precise, ma si evitino spaccature che non sono né sarebbero capite dai nostri militanti ed elettori”.
La parlamentare cuneese ci tiene a sottolineare di essere stata tra le promotrici di un appello che ha raggiunto oltre mille donne (dirigenti di partito, amministratrici, parlamentari, ecc) lanciato nei giorni scorsi per salvaguardare l'unità del Pd. Anche un esponente della minoranza, Giorgio Merlo, torinese, ex parlamentare e ora responsabile editoria del Pd, strettissimo collaboratore di Gianni Cuperlo, considera la sortita di Emiliano fuori tempo massimo e poco significativa. “Non è certo lui – afferma – a cadenzare quel che succederà nel partito. Io credo che D’Alema e Bersani la scelta di uscire l’abbiano già fatta, mentre Cuperlo resterà nel partito affrontando la battaglia congressuale”.
Per Davide Ricca, presidente della Circoscrizione 8 di Torino, renziano doc, “è in parte incomprensibile l’atteggiamento della minoranza, visto che il segretario – sostiene - aveva già dato ampie garanzie rispetto al congresso e ha gestito con piena disponibilità questa difficile fase”.
Ricca è convinto che D’Alema la scelta di andarsene l’avesse maturata già prima del referendum mentre auspica che con Pierluigi Bersani e l’area che fa riferimento a lui possano ancora esserci margini di mediazione. Avremmo voluto aggiungere il parere della senatrice cuneese Patrizia Manassero, importante in quanto “bersaniana”, ma non ci è stato possibile raggiungerla. Intorno alle 19 i tre esponenti della minoranza, Michele Emiliano, Enrico Rossi e Roberto Speranza, hanno diffuso una nota congiunta nella quale lamentano che Matteo Renzi e la sua maggioranza non abbiano preso in considerazione le richieste da loro avanzate. A questo punto, la scissione appare più vicina.