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Curiosità | 28 marzo 2020, 08:12

Il Coronavirus a Sidney attraverso gli occhi di Alessandro: "Momento difficile per tutti. Qui vivere dignitosamente è sempre una sfida, e adesso lo è anche di più"

"Penso che il nostro paese se la stia vedendo brutta, o almeno se la sia vista davvero brutta nelle ultime settimane: la situazione è molto triste, e il numero di morti, per me, sconcertante"

Alessandro Pepe

Alessandro Pepe

"Nel corso degli anni, e con molto impegno, sono riuscito a ritagliarmi una vita dignitosa pur in un paese particolarmente caro come questo: la vita, qui, è già di per sé una sfida... e ora lo è molto di più".

Come tutti quanti anche Alessandro Pepe - borgarino d'origine e da diversi anni abitante di Sidney, Australia - vuole rimanere positivo a tutti i costi, ma la situazione di attuale incertezza legata alla pandemia globale e al nuovo Coronavirus rende la preoccupazione una delle "compagne di quarantena" più presenti. Anche dall'altra parte del pianeta.

Alessandro è un musicista di strada, indubbiamente una delle professioni più toccate dai vari lock down decisi dalle nazioni del mondo: "Molti di noi non lavorano più, o hanno dovuto trovare un modo per reinterpretare la professione, che si basa sul contatto con le altre persone. Ma è impossibile raggiungerlo quando le  strade sono vuote e le città percorse soltanto da chi esce per un paio di commissioni urgenti, nonostante la necessità della situazione sia chiara".

Una realtà, quella di Sidney, comune anche alle città e cittadine nostrane: "E' un momento molto difficile per tutti quanti - spiega Alessandro - , la gente litiga nei supermercati per le scorte di carta igienica e l'economia è praticamente in blocco: tra i tantissimi stranieri che abitano l'Australia, in tanti si ritrovano senza lavoro e mezzi di sostentamento, e devo trovare il modo per rientrare in patria".

"Il tessuto economico di molte delle grandi città australiane è legato alla popolazione cinese presente - continua Alessandro - , che nei primi mesi dell'anno, all'inizio dell'epidemia non se l'è passata affatto bene. Da che ricordi la prima misura governativa messa in atto è stato un travel ban rispetto ai voli da e verso la Cina: questo ha ridotto, inizialmente, il diffondersi dell'epidemia e ha aiutato a consolidarsi l'idea che il Coronavirus fosse un "virus cinese", con annessi casi, per fortuna molto contenuti, di razzismo. Poi, l'epidemia ha cominciato comunque a prendere piede e adesso siamo tutti sulla stessa barca".

"Della situazione in Italia mi informo a distanza, e tramite i miei genitori. Penso che il nostro paese se la stia vedendo brutta, o almeno se la sia vista davvero brutta nelle ultime settimane: la situazione è molto triste, e il numero di morti, per me, sconcertante. Il mondo sanitario combatte contro un virus che, quando viene scoperto in un ospite, ha già avuto diverse possibilità di contagiarne altri" continua ancora Alessandro.

"Si poteva evitare un aggravamento così netto della situazione? Forse sì. Ma l'essere umano è egoistico per natura e nessuno di noi reagisce bene ai divieti imposti; credo sia indubbio, però, che il lock down avrebbe aiutato ancor più di quanto non stia facendo adesso se fosse stato rispettato sin da subito".

Ed è proprio sul lock down che Alessandro decide di riflettere un po' più a fondo.  "Sono molto vicino alle tematiche ambientaliste e, pur con il massimo del rispetto dovuto e necessario per chiunque sia toccato direttamente dall'epidemia, i risvolti positivi del lock down a livello ambientale sono indubbi sin da adesso".

"Insomma questo virus potrebbe essere realisticamente un messaggio molto forte lanciato dal mondo nel quale viviamo, da raccogliere e comprendere; penso però che l'umanità non sia ancora abbastanza capace di imparare da situazioni di crisi come questa, o almeno non mi sembrano capaci di farlo coloro che hanno il vero potere decisionale".

simone giraudi

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