Da ragazza, peccando di ingenuità, pensavo che la politica poco 'ci azzeccasse' con la sanità se non per tutelare un bene primario, di tutti, per dare indirizzi e soprattutto per destinare fondi adeguati in modo da garantirne l’efficienza e l’adeguatezza alle necessità dei cittadini.
Sappiamo che non è sempre così; ma continuo a credere che la politica di questo dovrebbe occuparsi oltre che incentivare meccanismi che, anche nalla sanità, premino merito e capacità. Non è un libro dei sogni, deve essere qualcosa di possibile. Forse perché parto da questa impostazione non mi è chiara la polemica, se così posso definirla, che vede protagonisti l’ospedale di Cuneo e quello di Verduno.
Mi pare ovvio che un capoluogo di provincia come Cuneo voglia investire sulla propria sanità: è giusto e condivisibile. Non capisco invece perché l’ospedale di Verduno dovrebbe essere, in qualche modo, di ostacolo alle istanze dei cittadini cuneesi.
Stiamo parlando di sanità, cioè di un bene primario: la competizione fra strutture esiste, ma deve essere sana, buona, diventare motore per migliorarsi, non sfociare in una poco lungimirante “rivalità”. Come i cuneesi – che, ripeto, ne hanno pieno diritto - anche gli albesi e i braidesi è giusto che chiedano alla Regione, e allo Stato – dopo 20 anni di gestazione del nuovo ospedale - che la struttura di Verduno riceva risorse adeguate per crescere e diventare un ospedale di primaria importanza.
Pensare che questo legittimo desiderio dell’ospedale “Michele e Pietro Ferrero” di Verduno sia un “togliere ad altri” è una prospettiva proprio sbagliata. E non deve essere così. La nostra provincia è così estesa da giustificare certamente due macro-aree nelle quali vi sono due ASL e vi è posto per due grandi ospedali, di primaria importanza entrambi, posti al servizio della comunità perché la sanità – lo abbiamo visto anche con la pandemia – è determinante per le nostre vite.
La politica deve impegnarsi per trovare le risorse necessarie, non fare altro innescando conflitti e rivalità incomprensibili e dannose. Non a caso, da due anni, il gruppo di Italia Viva, cui appartengo, chiede che si investano più soldi nella sanità, fin dai tempi del MES. Che poi questi denari vengano spesi bene, e a vantaggio di tutti, “ca va sans dire”, o almeno dovrebbe. Impegniamoci perché sia così.
In Breve
lunedì 18 marzo