Ieri, mercoledì 28 febbraio, è scaduto il termine per presentare le osservazioni sul progetto biodigestore a Borgo San Dalmazzo. Parliamo di una documentazione corposa sottoposta alla VIA, la valutazione di impatto ambientale, di competenza della Provincia.
Il progetto di riqualificazione tecnologica dell’impianto di compostaggio esistente, con inserimento di una nuova sezione anaerobica e produzione di Biometano, che vede come proponente l'ACSR S.p.A., porta la data di novembre 2023, con regolarizzazione istanza a gennaio 2024.
Come annunciato, il Comitato No Biodigestore ha presentato un lungo documento di osservazioni alla Provincia che verrà presentato in assemblea pubblica martedì 5 marzo alle 21 in sala consiliare a Borgo San Dalmazzo.
Sedici i punti contestati dal Comitato.
Anzitutto il fatto che “un’opera con queste caratteristiche dovrebbe essere sottoposta all’attenzione di una Conferenza dei servizi fra tutti gli Enti interessanti, prima ancora di una V.I.A”.
Poi “si rileva che tutta la documentazione presente non rappresenti affatto un Progetto definitivo dell’opera proposta, ma appena un semplice Studio di fattibilità”.
Inoltre si osserva “che l’ipotesi progettuale prospettata prevede la realizzazione di un impianto su una scarpata del fiume Stura, in un’area di grande pregio ambientale, unica area a scopo produttivo lungo il tratto di questo fiume, un’unicità negativa che andava corretta con una ricollocazione di questo sito e non con un suo ingrandimento. Ciò anche in considerazione dei gravi danni ambientali che negli anni passati questo sito aveva creato all’ambiente circostante”.
Il comitato rimarca anche la contiguità con il Parco fluviale Gesso e Stura: “Sarebbe stato opportuno che nell’ambito di una coerente politica di gestione del territorio, si fosse provveduto alla ricerca di una ricollocazione di questo sito al di fuori dell’area di Parco”.
Dubbi anche sulle possibili ricadute negative ambientali e sul deprezzamento degli immobili: “Ricordiamo infatti che l’impianto proposto dista ad appena poche centinaia di metri dal centro residenziale di Borgo San Dalmazzo, e ancora meno dalle aree residenziali di nuovo insediamento già previste nel PRG aggiornato del Comune di Borgo San Dalmazzo. Migliaia di famiglie, nel Comune di Borgo San Dalmazzo e in quello di Cuneo, hanno acquistato o realizzato negli ultimi decenni la loro abitazione, sapendo che questo territorio era finalizzato a semplice destinazione residenziale, commerciale, agricola e ad attività produttive prive di impatto ambientale. L’ipotetica realizzazione di questo impianto andrebbe dunque a violare il preesistente status su cui si era inserita una intera collettività e a deprezzare il valore delle abitazioni".
Continuano poi i dubbi sul conferimento di rifiuto organico da tutta la Provincia: “E’ facile quindi prevedere che, nel caso del probabile mancato conferimento da parte degli altri consorzi della Provincia e della Regione che attualmente già conferiscono altrove la FORSU in impianti più vicini ai loro centri di raccolta e a costi inferiori di quelli previsti da ACSR per il ritiro, le previsioni di una attività in pareggio o addirittura in utile del futuro biodigestore non sono assolutamente realistiche con la conseguenza che le probabili perdite dovranno essere spalmate tra tutti i contribuenti dei Comuni facenti parte del consorzio CEC”.
Secondo il Comitato poi, nella documentazione presentata, sono stati inseriti documenti con pareri favorevoli quando questi sono di fatto stati superati da scelte operate in tempi successivi: “Valga come esempio l’avere presentato il parere favorevole dell’Unione Montana Valle Stura del 2022, quando invece nel febbraio 2023 i Sindaci di detta Unione hanno espresso il loro voto contrario in sede di Assemblea ACSR”.
Osservazioni anche sulla questione stoccaggio del materiale: “Considerate le dimensioni proposte è facile immaginare che la fornitura del prodotto da trattare proveniente dall’esterno non possa avvenire in modo regolare sette giorni su sette, e dunque necessita di una specifica area stoccaggio, di cui non è chiara la dislocazione e la capacità volumetrica. L’area di stoccaggio dovrà oltretutto tenere presente i momenti in cui ci sarà un fermo dell’impianto per problemi di mancato funzionamento temporaneo e/o di manutenzione straordinaria. Quanto sopra, ovviamente, vale anche per lo stoccaggio del materiale in uscita dal processo produttivo per il quale il progetto non prevede alcuna area coperta o scoperta”.
E poi dubbi sulla questione del ripristino ambientale: a partire dalle “tre vasche di discarica chiuse in quanto giunte al loro completamento fino agli interventi di compensazione ambientale per i lavori di movimento di terreno o di nuove costruzioni in programma”.
Per il Comitato mancha anche “una documentazione esaustiva relativa alla possibilità di emissioni sonore dall’impianto” e “un’approfondita documentazione sul consumo d’acqua necessaria al processo produttivo”. E si ritiene “evasiva l’analisi che viene fatta in merito alle emissioni CO2”.
Idem per la questione dei problemi odorigeni: “Non può essere addotta come scusante per la riduzione delle emissioni il fatto che il processo di biodigestione avverrà in ambiente chiuso e controllato. Tutto il materiale in uscita dal biodigestore dovrà essere ancora trattato nell’impianto aerobico dal quale dovrebbe uscire il prodotto finale (compost) con la differenza che i quantitativi di materiale trattato saranno oltre il doppio di quelli attuali”.
Anche la qualità del compost non sarebbe ben documentata, “a fronte di una realtà operativa che nell’ultimo decennio ha dimostrato esattamente il contrario, con il compost regalato ai privati perché non commercializzabile”.
Infine “dall’ipotesi progettuale risulta comunque che il nuovo impianto dovrebbe di fatto inglobare l’intera area dell’attuale sito produttivo in attività, ma non viene illustrato in modo dettagliato cosa avverrebbe nel momento della sua realizzazione. In pratica nessun calcolo economico è stato fatto per valutare i maggiori oneri che sicuramente deriveranno ai cittadini dalla sospensione temporanea o permanente di molte delle attività che attualmente vengono svolte all’interno dell’impianto e che riguardano lo smaltimento dell’indifferenziato che transita per l’impianto nonché le operazioni preliminari per il riciclo della carta, della plastica e dei metalli”.