I biglietti esauriti in poche ore, l’attesa e l’emozione da parte di tutti per l’incontro al CineTeatro Iris di Dronero ieri mattina, domenica 24 marzo, con uno dei più grandi pensatori del nostro tempo: Umberto Galimberti.
Organizzato in occasione del festival letterario diffuso “Il Ponte del Dialogo”, l’incontro è stato presentato da Antonio Ferrero. Tra i presenti in sala il sindaco di Dronero Mauro Astesano con l’assessore Carlo Giordano, il dirigente generale dell’AFP Ingrid Brizio e la dirigente scolastica Vilma Margherita Bertola.
Il libro “L’etica del viandante”, in una mattinata che è stata come un seme nella mente di ognuno, tanto impegnativo quanto prezioso da coltivare. Ripercorrendo la storia, le idee dei grandi pensatori che lo hanno preceduto e le differenti discipline (la filosofia, la psicologia, la biologia, la religione, la poesia, la matematica e la fisica quantica) il Professore si è addentrato profondamente nell’esistenza umana.
“La storia è sempre stata ordinata a partire da un disegno, da un orizzonte di senso che oggi non c’è più - ha detto - Se vogliamo guardare la radice dell’Occidente, guardiamo per esempio il mondo greco, che aveva come orizzonte di senso la natura, non come una creatura di Dio ma come quello sfondo immutabile che nessun uomo o nessun Dio fece: sempre stata, è e sarà. Anche il tempo era ordinato secondo l’ordine naturale, ossia secondo le stagioni (inverno, primavera, estate ed autunno) e chi aveva visto tanti cicli (le persone anziane) poteva insegnare a chi ne aveva visti pochi (i giovani)".
Una cultura dell’uomo immerso nella natura quella dei greci, superata dalla cultura giudaico-cristiana il cui successo, secondo Umberto Galimberti, è dovuto a quel colpo di genio che ha detto agli uomini ‘Non morirete mai’.
“Così l’uomo - ha continuato il Professore - da parte integrante della natura, è diventato ‘Ad immagine di Dio’ e come tale autorizzato a dominare la Terra, come dice Heidegger ‘Non solo nel suo uso, ma fino alla sua usura’, al punto che noi oggi non concepiamo più la terra come luogo d’abitazione, ma come materia prima, da usare ed usurare appunto. Sempre il cristianesimo cambia l’ordine del tempo, non più ciclico ma progressivo, dove il passato è male (peccato originale), il presente è redenzione ed il futuro è salvezza. Il futuro è sempre positivo.”
E la scienza? “La scienza - ha sottolineato Galimberti - che viene contrapposta alla religione, pensa allo stesso identico modo: il passato è ignoranza, il presente è ricerca, il futuro è progresso. Cristianesimo laicizzato. Anche Freud, ad esempio, che ha scritto un libro contro la religione intitolato ‘L’avvenire di un’illusione” pensa che i traumi nevrosi si fondono nel passato (nell’infanzia), il presente è terapia ed il futuro è guarigione. Tutto è cristiano in Occidente e per me le distinzioni tra credenti, atei ed agnostici sono distinzioni di superficie, per me assolutamente insignificanti.”
Un Occidente che nel concetto di speranza ripone la sua salvezza e che proprio per questo secondo il Professore costruisce su di essa la propria passività. Citando infatti Pier Paolo Pasolini e la sua scelta di togliere dal suo vocabolario la parola ‘speranza’, ha esclamato fermamente: “Speranza, auspicio, augurio sono tutte parole della passività che si pensa portino rimedio ai danni del presente. Non è vero: o ti dai da fare, o il fatto di sperare non ti porta da nessuna parte."
L’ottimismo che ha portato ad essere l’Occidente la civiltà più evoluta ma anche la distruzione umana in quell’ottimismo passivo, un Dio che fa mondo ed una storia che parla di una sopraffazione dell’uomo sulla natura, incurante del fatto che la sua stessa esistenza è collegata alla natura ed a tutti gli altri esseri viventi.
L’uomo che nell’età moderna, dal concetto di ‘Chi pensa il bene fa il bene’, con il nazismo ha dimostrato che si può pensare in modo eccellente anche il male ed ora, nell’età post-moderna, l’uomo sopraffatto, ben peggio che dal denaro (che ha come comunque uno scopo), da quel qualcosa di estremamente più distruttivo: la tecnica.
“Attenzione - ha detto Galimberti - la tecnica non ha scopi, orizzonti di senso, non dischiude scenari di salvezza. La tecnica funziona ed il suo funzionamento è diventato globale. Quando dico che la tecnica non ha scopi intendo dire che le sue conquiste hanno la sola condizione di essere mezzo per un ulteriore raggiungimento, in una catena infinita che Hegel l’avrebbe definita ‘Cattiva infinità’.Una tecnica che deve superare, senza uno scopo di senso. Qui l’orizzonte di senso implode, perché tutto è strumentale e ciò che vale è essere strumento, uomini compresi.”
In piedi tutto il tempo, deciso, attento e preciso, ma soprattutto instancabile nella ricerca di profondi significati, Galimberti ha presentato quello che secondo lui rappresenta il grave problema del nostro tempo: l’uomo in balia della tecnica. Un uomo che percepisce la propria esistenza senza uno scopo, che non vede un futuro ma soprattutto che non ha cura di sé, degli altri uomini, degli esseri viventi e del Pianeta, della vita in generale.
Gli effetti del non essere in grado di concepire davvero la diversità, l’odio e le guerre, lo sfruttamento degli animali e gli allevamenti intensivi, l’incuria animale, l’inquinamento ambientale,… Un messaggio urgente e forte si racchiude nella sua etica del viandante: “Oggi l’umanità si trova di fronte ad una sfida - ha concluso - caratterizzata dal fatto che deve difendersi da se stessa. Ed allora l’uomo non può più pensarsi come membro di uno Stato, ma deve pensarsi come membro di una Umanità. Una sfida sconosciuta finora. La nostra logica è sempre la logica statale, dove si fa la pace all’interno e fuori subito guerra, sospetto, diffidenza. Non si può più andare avanti così ed è necessario che quest’etica, che io definisco planetaria, sia sostenuta da un’etica cosmopolita: superare il concetto di Stato ed arrivare ad un concetto di Cosmo.
‘Siamo cittadini del mondo’: lo dicevano i greci antichi e lo dobbiamo dire anche noi, con molta forza. Dobbiamo rimettere in gioco quella parola che è stata dimenticata e che è ‘Fraternità”, non garantita dai diritti dell’uomo, passare da una concezione antropologica che vede l’uomo al vertice del creato ad una concezionale in cui al centro è la Vita, che ci comprende e che è lei il soggetto della nostra esistenza. Dobbiamo metterci in testa che non esistono Stati che siamo tutti parte di un unico Mondo. Senza cercare di avere gli stessi valori, non dobbiamo attaccarci ai valori e meno male anche che i valori cambiano, dobbiamo avere lo stesso interesse nel preservare la Vita.
Francesco d’Assisi aveva immaginato una fratellanza estesa a tutti gli esseri viventi ed alla natura: o ci affidiamo a questo oppure ci affidiamo a ciò che ci viene venduto come progresso e che rischia di essere la nostra catastrofe.”
Un applauso colmo di gratitudine da parte del pubblico, le molte persone in fila per farsi firmare il libro ed una bellissima foto ricordo con lo staff organizzativo.
Dronero ancora una volta ha promosso la cultura: il festival letterario diffuso “Il Ponte del Dialogo" è stato promosso dal Comune di Dronero in collaborazione con l’Agenzia di Sviluppo Locale di AFP Dronero e con il Centro Studi Cultura e Territorio, con il prezioso sostegno della Fondazione CRC, della Fondazione CRT e della Banca di Caraglio.