C’è un pizzico di Sardegna in più a Bra. L’associazione culturale “Ichnusa” invita alla cerimonia di inaugurazione della riqualificata area esterna della Biblioteca Civica “Giovanni Arpino” e la sua contestuale intitolazione a Grazia Deledda, unica donna italiana a vincere il Nobel per la letteratura.
Appuntamento sabato 12 ottobre, alle ore 16.30, con la presentazione del progetto e l’intervento delle autorità; ore 17.30 scopertura dell’opera artistica ed excursus storico della scrittrice di Nuoro; ore 18 saluti finali e rinfresco offerto dall’associazione; ore 20.30 musica popolare sarda con Maria Giovanna Cherchi in concerto.
Prologo dell’evento venerdì 11 ottobre, ore 21, al cinema Vittoria con la presentazione del progetto e la proiezione del film “L’amore e la gloria - La giovane Deledda” per la regia di Maria Grazia Perria (ingresso libero fino ad esaurimento posti).
Il film racconta la vita della giovane donna di un piccolo centro dell’interno della Sardegna, che ha saputo emergere e raggiungere i due obiettivi che con coraggio e lucidità si era posta nei suoi anni giovanili: l’amore e la gloria. Il racconto abbraccia 12 anni della vita della grande scrittrice Grazia Deledda e inizia nel 1898 quando a 17 anni pubblica il suo primo racconto “Sangue Sardo” e si conclude nel 1900, quando a 29 anni sposa Palmiro Madesani, un impiegato statale mantovano con il quale si trasferisce a Roma.
L’associazione Ichnusa e il Comune di Bra ringraziano la pittrice Francesca Semeraro per l’opera realizzata in onore di Grazia Deledda, fatta con passione e ispirazione per offrire alla città la bellezza dell’arte e dei ricordi. Informazioni: 349/2124725.
Un po’ di biografia
Pronti ora a tornare tra i banchi di scuola? Bene. Grazia Maria Cosima Damiana Deledda, nota semplicemente come Grazia Deledda, è nata a Nuoro il 28 settembre 1871, quinta di sette tra figli e figlie di una famiglia benestante. Dopo aver frequentato le scuole fino alla 4ª elementare, proseguì gli studi con un precettore dal momento che al tempo, anche in Sardegna, le ragazze non frequentavano le scuole superiori. Di fatto la sua formazione, soprattutto letteraria, è stata da autodidatta.
Di carattere quieto e trattenuto, la sua giovinezza venne segnata da una serie di tragedie famigliari molto dolorose: il fratello maggiore, Santus, abbandonò gli studi e divenne un alcolizzato, mentre il più giovane, Andrea, fu arrestato per piccoli furti. Il padre morì per una crisi cardiaca quando Grazia aveva soltanto 21 anni e la famiglia dovette affrontare difficoltà economiche. Quattro anni più tardi morì anche la sorella Vincenza.
Nel frattempo però la giovane sarda aveva iniziato a scrivere. Pubblicò la sua prima novella nel 1886, all’età di quindici anni, su un giornale nuorese. Due anni dopo cominciò a collaborare con vari altri giornali e riviste, prima sarde e poi romane, di non particolare levatura. Poi pian piano, incomincia a diventare più nota e apprezzata.
Nell’ottobre del 1899 la donna si trasferì a Roma e l’anno seguente sposò Palmiro Madesani, funzionario del Ministero delle Finanze, conosciuto a Cagliari due mesi prima.
Il verismo della sua narrativa, i toni cupi e l’ansia di liberazione delle sue opere, le storie di passioni primitive che racconta nei suoi romanzi fecero breccia nella critica, anche all’estero.
Il 10 dicembre 1926 a Stoccolma, Grazia Deledda viene insignita del premio Nobel per la letteratura, vincendo il duello con Matilde Serao. L’autrice di Fior di Sardegna, Canne al Vento e Marianna Sirca, nella cronologia del premio, è la quarta donna a ricevere un Nobel e la seconda donna a ricevere il Nobel per la letteratura, dopo la scrittrice svedese Selma Lagerlöf. Le motivazioni: «Per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano».
Ad oggi è l’unica scrittrice donna italiana ad aver ricevuto tale riconoscimento e il suo discorso alla platea riunita a Stoccolma è rimasto scolpito nella storia: «Sono nata in Sardegna; la mia famiglia è composta di gente savia, ma anche di violenti e di artisti produttivi».
Un tumore al seno di cui soffriva da tempo la portò alla morte il 15 agosto del 1936, quasi dieci anni dopo la vittoria del premio Nobel. Le sue spoglie sono conservate nella chiesa della Madonna della Solitudine a Nuoro.
Di sé scriveva: «Io non sogno la gloria per un sentimento di vanità e di egoismo, ma perché amo intensamente il mio paese, e sogno di poter un giorno irradiare con un mite raggio le fosche ombrie dei nostri boschi, di poter un giorno narrare, intesa, la vita e le passioni del mio popolo, così diverso dagli altri così vilipeso e dimenticato e perciò più misero nella sua fiera e primitiva ignoranza. Avrò tra poco vent’anni, a trenta voglio avere raggiunto il mio sogno radioso quale è quello di creare da me sola una letteratura completamente ed esclusivamente sarda. Sono piccina piccina, sa, sono piccola anche in confronto delle donne sarde che sono piccolissime, ma sono ardita e coraggiosa come un gigante e non temo le battaglie intellettuali».
Silvia Gullino