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Attualità | 20 aprile 2025, 16:27

Il Cantè J’Euv: quando i giovanotti con la fisarmonica intonavano canti alla finestre

Storia e bellezza di un antico rituale del periodo pasquale che attraversa i secoli ed oggi unisce tradizione e modernità

Il Cantè J’Euv è un antico rituale, tipico del basso Piemonte, nato per celebrare la rinascita della natura

Il Cantè J’Euv è un antico rituale, tipico del basso Piemonte, nato per celebrare la rinascita della natura

La Pasqua: riti e manifestazioni che mescolano devozione e credenze popolari, ma soprattutto radici profonde nella storia e nella cultura del territorio. Una delle tradizioni antichissime è quella del Cantè J’Euv, diffusa in particolare nell’area del Basso Piemonte.

QUESTUA DELLE UOVA 

Il Cantè J’Euv è un antico rituale nato per celebrare la rinascita della natura e della convivialità. In passato, infatti, i mesi invernali si trascorrevano spesso in isolamento a causa del freddo e della neve, pertanto solo con il ritorno della bella stagione si poteva finalmente uscire di casa per riunirsi tutti insieme. Era quindi un momento molto atteso tra la popolazione. 

Così, verso la fine del periodo quaresimale, gruppi di giovani da sposare accompagnati dal fratucin, personaggio travestito da frate con una cesta sulla schiena per contenere le uova e altri doni, raggiungevano le cascine più remote. Formavano un piccolo gruppo e, con una fisarmonica, di notte (anche a notte fonda) intonavano canti sotto le finestre. 

La padrona di casa si presentava sulla porta, i giovani cantavano e ringraziavano canzone benaugurante se i doni erano stati abbondanti, mentre invece lanciavano qualche maledizione, sempre col canto, se i doni erano stati miseri o se addirittura gli abitanti della casa non avevano neanche acceso la luce e poi aperto per accoglierli. In quest’ultimo caso la delusione era doppiamente profonda, perché uno degli scopi del Cantè J’Euv era anche quello di avvistare le ragazze in età da marito, non così facili da avvicinare in un contesto sociale chiuso e governato da una rigida morale.

L’UOVO: SIMBOLO DI FERTILITÀ 

Con le uova e con il vino raccolti, il giorno di Pasquetta ci si trovava tutti sulla piazza del paese e si dava inizio ad una grande festa: con le uova si faceva la frittata, si organizzavano dei giochi (tiro alla fune, corsa nei sacchi, …), si suonava, si cantava e si ballava fino a notte fonda. L’uovo rappresentava un augurio di fertilità, ma anche un’allegra opportunità per ritrovarsi, per corteggiare le ragazze con strofe beneauguranti e d’amore. 

IL CANTO 

“Soma partì da nostra ca / Ch’a j’era ancora sèira, / per avnive a salutè, / deve la bona sèira/ salutoma ‘l padron / e ancora la padrona / su dene la licensa / se vuele che cantoma. / E se ‘n costa casa sì, sa-i è na bela fija, / ai è ‘n giovo sì con noi ch’o veul portela via, / ai è ‘n giovo sì con noi ch’o veul portela via. / Dène j’euv oh dène j’euv / Ò se veuli dene dj’euv de le vòstre galine, / ij vesin sa l’han ben dì che l’evi le còrbe pine, / ij vesin sa l’han ben dì che l’evi le còrbe pine. / Dène j’euv oh dène j’euv / ed la galina sopa: / e l’han ben diti j vòstri avzin / ch’a na fa tre per vòta. / Dène j’euv oh dène j’euv / Guardelo lì col fratocin ch’a l’è daré dla pòrta, / chiel o speta lo rigal che la padron-a a-j pòrta, / chiel o speta lo rigal che la padron-a a-j pòrta. / Ringrassioma signor padron  / e ‘ncora la padrona e se lor son stá content, / n’áutr ann ritorneroma, e se lor son stá content,/ n’áutr ann soma ancora viv / noi sì ritorneroma/ oppure non davano nulla /  an sta ca sì / a jè vnijsa na gran sucina / ch’a je secheisa la cresta al gal / e ‘l cul a la galina!”

Il canto, tramandato nei secoli in forma orale, non ha un autore preciso. Come per tutti i canti tradizionali, è infatti il frutto della creatività popolare, che esprime i modi di pensare, di essere, di vivere di una comunità. L’origine del canto, poi, si perde nella notte dei tempi. 

Dal punto di vista del contenuto, il Cantè J’Euv prevede qualche strofa iniziale di presentazione e di saluto, alcune strofe di apprezzamento sugli abitanti della casa, la richiesta delle uova e si conclude con un congedo, benevolo o malevolo, in base alle reazioni della gente di casa.

Un canto completo comprende indicativamente 10-15 strofe diverse, eseguite con l’accompagnamento musicale e con l’intercalare delle parole col solo fraseggio musicale. Non era infrequente, poi, che alcuni canterini improvvisassero  delle strofe, adattandole alla situazione del momento o al contesto.

UNA TRADIZIONE LUNGA SECOLI

“La musica rallegra - dice il signor Giovanni - W il Cantè J’Euv, W la bella gente e le tradizioni popolari!”

In italiano, “Cantè j’euv” significa letteralmente “cantare le uova”. Secondo alcune fonti, questa consuetudine risalirebbe alle popolazioni celtiche, le quali festeggiavano l’inizio del nuovo anno in primavera, quasi in corrispondenza del periodo pasquale, in modo simile alle Calende Romane e ad altri riti pagani, ancora oggi molto vivi in altre parti d’Italia.

Col tempo questa tradizione era andata quasi completamente persa, finché, a metà degli anni Sessanta, un gruppo di appassionati di tradizioni piemontesi, tra cui Antonio Adriano, il “Gruppo spontaneo di Magliano Alfieri” ed il “Brun” dei Brav’om da Prunetto, non decisero di riportare in vita questa usanza che racchiude in sé tutta la passione per la musica popolare, il cibo e le tradizione contadine.

È negli anni ’80 che nei nostri paesi torna a diffondersi con rinnovato entusiasmo la tradizione del Canté J’Euv. Non soltanto giovanotti da sposare, questa volta i gruppi sono misti: uomini e donne insieme, che si accompagnavano anche con chitarre e strumenti vari, conservando però fedelmente lo spirito d’avventura delle camminate notturne primaverili sotto la luna, del canto acquisito dalla tradizione, delle danze nei cortili e della festa finale gruppi di canterini provenienti da diversi paesi, dando vita ad allegro cantar collettivo.

Dai primi anni del secolo corrente, insieme al rito tradizionale, che continua a mantenersi vivo in diversi paesi, le Pro Loco sono entrate in campo e hanno dato un’impronta nuova alla festa del Canté J’Euv. Diffusa ancora oggi nelle Langhe, ha unito così la tradizione e modernità. Insieme ai canterini con la classica mantella nera, col canto rituale e con la fisarmonica, intorno all’immancabile bottiglia di vino, troviamo infatti la presenza di stand presso cui poter gustare le specialità tipiche del territorio o del singolo paese, anche queste tramandate comunque in forma orale di generazione in generazione. La voglia di fare festa? Quella non è mai cambiata.

Beatrice Condorelli

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