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Attualità | 25 aprile 2025, 11:10

Mondovì celebra la Liberazione, il sindaco: “Il 25 Aprile non può essere divisivo perché è la festa di tutti” [FOTO E VIDEO]

Oggi il corteo per le vie cittadine e l’orazione del direttore della Fondazione Cesare Pavese, Pierluigi Vaccaneo: “La libertà unisce”

Ampia partecipazione di autorità, associazioni e cittadini alle celebrazioni per gli ottant’anni della Liberazione. 

"Abbiamo l’obbligo morale di onorare chi non si è tirato indietro e ha scelto di sacrificare la propria vita per un futuro migliore. Ad ottant’anni dalla liberazione di Mondovì, siamo chiamati a celebrare la nostra Medaglia di Bronzo al Valor Militare, perché la Festa della Liberazione non può essere divisiva né discutibile. Quest’anno più che mai, allora, il 25 aprile è da intendersi come una festa condivisa nella quale l’intera Comunità monregalese si ritrova per riflettere sulla grandezza fragile della nostra società, minacciata dalle distorsioni contemporanee, ma anche per celebrare in piazza XXIX Aprile gli ottant’anni di libertà e democrazia".

Così il sindaco della Città di Mondovì, Luca Robaldo ha reso omaggio al 25 Aprile, al termine del tradizionale corteo che ha attraversato le vie cittadine con la deposizione delle corone d’alloro presso la lapide del municipio e al monumento ai caduti in piazza della Repubblica.

Presso il monumento allo scalone, dedicato ai morti per la Libertà, si è tenuto poi l’intervento delle Donne in cammino per la pace, rappresentate dalle prof. Lorella Gallo che ha rimarcato l’impegno del gruppo che, da mesi, quasi tutti i sabati manifesta silenziosamente per chiedere la pace. 

Nessuna guerra può essere considerata giusta - ha detto - e noi portiamo avanti piccoli atti per costruire la pace, in questo senso ci auguriamo che anche Mondovì, come Alba, istituisca l’ufficio comunale per la pace”.

Alle celebrazioni sono intervenuti anche la consigliera regionale Giulia Marro, Pietro Danna, consigliere provinciale presente insieme al consigliere Rocco Pulitanò: “La pace è soprattutto un valore artigianale la costruiamo noi, a partire dal nostro privato, buon 25 Aprile” - ha detto Danna - ricordando il sacrificio della Provincia di Cuneo.

Questa mattina ho pensato all’alba di 80 anni fa ai quei momenti - ha aggiunto il sindaco e presidente della Provincia - all’impegno, al sacrificio e al senso del dovere che tutti i partigiani, di qualsiasi formazione. Hanno agito per un bene superiore che qualcuno non volle capire, quel bene che ci fa essere qui. 

Ricordiamoci che parliamo di 25 Aprile perché c’è stato il 25 Aprile: non saremmo qui oggi, non potremmo avere idee, religioni, credi politici diversi, se non ci fosse stato il 25 Aprile. 

Ecco perché non può essere una ricorrenza divisiva, perché se non è la festa di tutti, festa non è. 

Il 25 Aprile è una festa nel rispetto di chi ha sacrificato la propria vita con un coraggio che forse oggi non abbiamo. Ecco perché dobbiamo guardare a chi ha dato loro una mano, pensiamo ai Castagnino che hanno salvato Marco Levi:  questa è la nostra provincia e questi siamo noi e dobbiamo ricordarcelo, cercando di essere all’altezza di queste persone che, quando è stato il momento, hanno anteposto il bene di tutti. Mi piacerebbe vedere che questi sentimenti fossero più vissuti dai giovani”.

L' orazione ufficiale è stata affidata a Pierluigi Vaccaneo, direttore della Fondazione Cesare Pavese: "Calamandrei ci ricorda che la Libertà non è un dono, non è garantita, ma un bene fragile da coltivare ogni giorno, basta un soffio per farla svanire. Non abbiamo ereditato il diritto di voto, ma quello di pensare, amare, sognare. 

Libertà. E sempre Calamandrei ci ricorda che “La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”. È una frase che oggi risuona ancora più attuale. La libertà non è garantita per sempre. Non è qualcosa di cui possiamo disinteressarci. 

La libertà che abbiamo ereditato non è solo la libertà di votare o di riunirci. È la libertà di pensare, di dissentire, di scegliere il proprio destino. È la libertà delle donne, conquistata anche grazie alla partecipazione femminile alla Resistenza. È la libertà religiosa, la libertà di amare, la libertà di sognare un futuro diverso.

Ma la libertà vera, come ricordava Sandro Pertini, non può esistere senza giustizia sociale. Non possiamo essere davvero liberi se qualcuno è lasciato indietro. Non possiamo sentirci liberi se c’è chi vive nella precarietà, nella povertà, nella discriminazione.



Oggi il rischio più grande non è solo l’ignoranza della Storia, ma il nichilismo storico – come ci ha ricordato Leonardo Sinigaglia – quella forma di indifferenza e disimpegno che svuota le parole del loro significato, che cancella il senso delle battaglie del passato, che rende intercambiabili vittime e carnefici, che riduce la Resistenza a “una delle tante guerre”.

Questa forma di oblio, spesso alimentata dalla disinformazione, dalla banalizzazione, da una certa narrazione opportunista, è uno dei pericoli più insidiosi. Perché mina le basi culturali e civili della nostra convivenza.

La Resistenza è stata un mosaico complesso. Comunisti, cattolici, liberali, azionisti, socialisti, monarchici: non erano tutti uguali, ma seppero trovare un terreno comune. Quel terreno era la libertà. Era la dignità dell’uomo. Era il rifiuto della violenza, della censura, della propaganda.

Questo ci insegna qualcosa di profondo: che l’unità non è uniformità. Che possiamo pensarla diversamente, ma condividere i valori fondamentali della convivenza. Che il pluralismo non è una debolezza, ma una ricchezza democratica. E che, quando è in gioco la libertà, dobbiamo sapere essere uniti. Uno degli insegnamenti più preziosi della Resistenza è la difesa della libertà di pensiero.

Ecco perché è fondamentale, oggi come allora, educare alla libertà di pensiero. Insegnare ai giovani a farsi domande, a leggere la realtà, a distinguere tra opinioni e fatti. Perché una democrazia senza pensiero critico è una democrazia svuotata.

La Resistenza non è stata solo un evento storico. È un modo di essere nel mondo. È capacità di opporsi all’ingiustizia, di difendere la dignità, di scegliere la parte giusta anche quando costa. Questo spirito vive oggi nelle scelte di tanti giovani che si battono per il clima, per i diritti umani, per la legalità, per la giustizia.

A loro dobbiamo dire: il 25 aprile è anche vostro. Non è una pagina chiusa. È una pagina da scrivere ogni giorno. Con coraggio, con passione, con responsabilità.

In questo 25 aprile 2025, ottant’anni dopo la Liberazione, non possiamo limitarci a dire “mai più”. Dobbiamo dirci anche “ancora una volta”. Ancora una volta pronti a difendere la libertà, la democrazia, la giustizia, la parola. Ancora una volta capacidi riconoscerci non solo come individui, ma come popolo. Come comunità. Come eredi di una storia che ci chiede di essere degni della libertà che ci è stata donata.

Facciamo memoria, non per nostalgia, ma per costruzione. Perché come diceva Calamandrei, la Costituzione non è una carta astratta, ma un testamento vivo. E come tale, ci interpella. Ogni giorno.

‘È bello svegliarsi e non farsi illusioni. Ci sisente liberi e responsabili. Una forza tremenda è in noi, la libertà. Si può toccarel'innocenza. Si è disposti a soffrire’ (Cesare Pavese,  "La bella estate"). 

Arianna Pronestì

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