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Curiosità | 23 agosto 2025, 20:34

"Quando morire": il coraggio di Adele Binelli di raccontare la morte per parlare davvero della vita

“Quando morire” non è solo un titolo provocatorio, ma un invito a riflettere su ciò che siamo disposti ad accettare, a lasciare andare, a proteggere. È una lettera aperta al cuore di ognuno, scritta con delicatezza, dolore e poesia.

"Quando morire": il coraggio di Adele Binelli di raccontare la morte per parlare davvero della vita

Un titolo che è già una provocazione, una riflessione, un atto d’amore. 

Quando morire” è il nuovo cortometraggio scritto e diretto da Adele Binelli, regista e autrice cuneese che vive da molti anni a Los Angeles. Una donna che ha deciso di trasformare uno dei dolori più profondi – la perdita dei genitori – in un'opera cinematografica che scuote e invita al pensiero. Un lavoro che, partendo da un ricordo personale, tocca corde universali: il rapporto con la morte, la libertà di scegliere, la qualità della vita quando questa si avvicina al suo termine. 

Tutto nasce da una diagnosi improvvisa, inaspettata nell’autunno del 2019, quando Adele - i genitori ormai troppo anziani per passare i loro consueti mesi invernali in California - decide di adibire la casa di vacanza di Entracque a sua abitazione e quartieri generali di smart working per la propria società cinematografica in USA e curarsi di mamma e papà nell’alloggio di Cuneo. 

Lele portami dalla dottoressa, non riesco a respirare, papa’ non capisce…” - Il padre di Adele, 93enne, da sei mesi era preda ad uno stadio di demenza avanza. Adele si precipita a Cuneo, porta la madre dalla dottoressa, rassicura il padre che va con loro, la mamma viene ricoverata al Santa Croce di Cuneo e pochi giorni dopo diagnosticata di tumore alla pleura. 

Quattro mesi dopo Giselda Dutto, brillante professoressa d’inglese, con tantissimi hobby ed interessi, una donna sempre di buon umore, una mamma stupenda, un sostegno onnipresente al marito, non ci sarà più. 

Esattamente sette settimane dopo, Piero Binelli, il papa’, entusiasta professore di francese, appassionato di cinema, seguirà la moglie. “Nella tristezza tutto non sarebbe potuto andare meglio” dice Adele, ricordando con gratitudine i grandi viaggi del trio nel corso degli anni, da Cabo da Roca che inspirò Capo Nord, all’Inghilterra, a tutte le estati in Francia e… agli Stati Uniti, a New York e Los Angeles. E fu quel viaggio del lontano 1980 che lascio’ un impronta indelebile sul cuore di Adele tanto da far si’ che fece di tutto per arrivare, piu’ tardi, nel corso degli anni, alla tanto sudata carta verde (prima visto “O1 come artista” poi auto petizione come regista-coreografa - Adele aveva già una carriera a Broadway alle spalle) e alla cittadinanza nel 2012.

I genitori di Adele erano grandi amanti delle lingue, delle culture e dei viaggi: “Viaggiare apre la mente, Lele!” Adele era cosi contenta quando papà Piero la lasciava, già da quando era piccolina, usare la sua Super8 per filmare parte della documentazione del viaggi che poi sarebbero stati presentati ai Salesiani o nelle scuole. 

Adele decide con i dottori di non dire alla mamma che aveva un tumore, sapendo quanto Giselda avesse sempre avuto paura di prendere un cancro. La porta a casa ad Entracque in letto d’ospedale assistita da cure palliative. “Ci siamo divertite un sacco per quei quattro mesi”. Giselda pensava di essere in convalescenza. Piero era perso senza Giselda a Cuneo e Adele porta a Entracque anche lui, ormai sempre piu’ debole. Un giorno freddo di febbraio Giselda batte un colpo alla testa contro la transenna del letto e la guardia medica pensa bene di portarla al Santa Croce per fare la tac. 

Dopo tre giorni, la mattina delle dimissioni il dottore di turno chiama Adele dicendo che la mamma aveva la febbre alta e non avrebbe passato la notte. Adele arriva in ospedale e vede per quella che sarebbe stata l’ultima volta gli occhi vividi della mamma che le sorride. 

Le due si strofinano il naso come di consueto. La mamma forse lo sa… “Ma starò mica morendo..?’ - “Non ti preoccupare, mamma, e’ solo una transizione” - “Va bene, Lele”, sorride Giselda. Poi arriva l’infermiera con un’iniezione di morfina e Giselda chiude gli occhi per non riaprirli mai più. 

Verso le 18:00 portano Giselda con letto e tutto al piano superiore e la riportano in corsia con un nuovo ausiliare: la flebo di morfina ne che dispensa le gocce. Adele si fa portare una sdraio e si addormenta accanto alla mamma, mano nella mano. Alle 4:35 del mattino dopo, il 12 febbraio del 2020, Giselda non respira più. 

Papà Piero sette settimane e qualche ora dopo, a casa a Entracque, prende la febbre alta e si spegne, mano nella mano accanto ad Adele.

Chiedere alla generazione di Giselda di potere scegliere sarebbe forse essere troppo ma se ci fosse stata un’educazione, un dialogo, un parlarne, un coinvolgimento dei medici coi famigliari, Adele in questo caso, chissa’ … “In Italia – spiega – il tema del fine vita è ancora un tabù. Parlarne è difficile, eppure è una questione che riguarda tutti. La libertà di scegliere come morire è una forma estrema, e nobile, di amore per sé e per gli altri”. 

Nel cortometraggio, che sarà presentato a rassegne e festival in Italia, Europa e negli Stati Uniti, Adele costruisce un dialogo immaginario fra un fratello ed una sorella. Un confronto intimo, fatto di ricordi, domande, tensioni, poesia. Non ci sono risposte preconfezionate, ma tanti spunti. “Mi interessava mettere in scena la complessità del tema, senza schierarmi. 

Non voglio fare propaganda. Voglio solo aprire uno spazio dove sia possibile pensare. Dove ci sia rispetto per chi decide, ma anche per chi resta”. “Quando morire” è girato completamente a Entracque, in una delle stanze che custodisce il letto (primi ‘900) dei bisnonni di Adele. Inoltre Adele ha trasformato tutta la casa di Entracque in una vera e propria installazione emotiva. 

Dopo la morte dei miei genitori ho riempito una parete con lettere, quadri, oggetti. Un muro della memoria, un modo per tenerli vicini. È come se la casa fosse diventata un archivio d’amore”. Chiara Francese e Germano Giordanengo sono gli attori principali. 

C'è un terzo personaggio di estrema importanza, di essa tuttavia si vedono solo le mani: l’infermiera - interpretata abilmente da Christiana (desidera essere chiamata solo con il suo nome d’arte). Accanto ad Adele, anche un team di professionisti e amici che hanno abbracciato il progetto con sensibilità e passione. 

Aurora Gino ha eseguito un make-up perfettamente adatto alla sceneggiatura, Lorenzo Gambarotta ha offerto consigli per le riprese, Katjia Mirri è stata di supporto alla sceneggiatura, Massimo Rossi al montaggio. Fondamentale è stata anche la collaborazione con Katia Manassero, segretaria alla produzione. 

Adele Binelli non è nuova a questo tipo di approccio. Nella sua carriera ha sempre mescolato autobiografia e ricerca espressiva, memoria e contemporaneità. In passato ha realizzato spettacoli teatrali, reading, performance. 

Vive a Los Angeles, dove lavora nel mondo del cinema, ma quando torna in Italia va alla casa di Entracque, alla quale è così tanto affezionata. Il corto, realizzato con una produzione indipendente e completamente autofinanziato, è anche un manifesto silenzioso per una nuova cultura della morte. Una cultura che non ne faccia un tabù, ma uno spazio di confronto, rispetto, scelta. 

La morte è parte della vita – conclude Adele – Non possiamo continuare a fingere che non esista, o che riguardi sempre qualcun altro. Dobbiamo imparare a parlarne con lucidità e amore. Solo così possiamo vivere davvero”. 

“Quando morire” non è solo un titolo provocatorio, ma un invito a riflettere su ciò che siamo disposti ad accettare, a lasciare andare, a proteggere. È una lettera aperta al cuore di ognuno, scritta con delicatezza, dolore e poesia. 

Un modo per dire che anche la fine può essere un atto di libertà. E che, forse, è proprio nel pensare alla morte che troviamo la forza di scegliere, ogni giorno, come vivere.

C.S.

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