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Attualità | 31 agosto 2025, 12:33

FARINÉL / Anche Alba e Bra si dividono sul tema sicurezza: grazie Alessandro per aver portato una ventata di buon senso

Mentre sui social e nei consigli comunali infuria la polemica, l'intervento pubblicato sui social da un esercente braidese invita a riflettere oltre le ideologie o i colori politici

FARINÉL / Anche Alba e Bra si dividono sul tema sicurezza: grazie Alessandro per aver portato una ventata di buon senso

Quando a distanza di dieci minuti ho ricevuto due comunicati dai Carabinieri di Bra riportanti due fatti di cronaca particolarmente gravi avvenuti nella città della Zizzola, da giornalista e profondo conoscitore di social ho subito immaginato il pandemonio che si sarebbe creato di lì a poco sui vari gruppi Facebook.

La prima notizia riportava all’aggressione di un uomo in pieno giorno: Bra, uomo aggredito e rapinato in pieno giorno: arrestati due giovani- La vittima, colpita con pugni e derubata di portafogli e cellulare, ha permesso con la sua testimonianza l’immediata cattura dei malviventi.

La seconda, se possibile, ancora più grave Rapina in casa sfociata in violenza sessuale, i Carabinieri: "Episodio grave, ma la risposta è stata immediata ed efficace".

Due fatti particolarmente violenti che non possono essere minimizzati o sottaciuti. Un uomo aggredito e malmenato in strada, una donna che viene derubata in casa e che subisce un tentativo di violenza sessuale che, passate, in poche settimane, le ferite fisiche, le lascerà una ferita psicologica per cui serviranno anni di terapia e di cure, rappresentano un’escalation che le nostre piccole città di provincia mai hanno registrato.

Non possiamo nasconderci dietro a un dito mentre vediamo zone di Alba e Bra dove bisogna fare attenzione a passeggiare persino di giorno, non solo di notte, nonostante gli sforzi enormi delle forze dell’ordine, che spesso fanno miracoli, sottorganico, mal pagate, continuamente a rischio e vittime di costanti tagli.

I colpevoli dei due fatti sono stati immediatamente assicurati alla giustizia e in questo il lavoro dei Carabinieri è stato encomiabile, ma la questione sicurezza non può essere liquidata così in pochi secondi.

Immancabile è arrivato il carico di odio, essendo i due fatti riconducibili a criminali di origine straniera con un emblematico striscione comparso in piazza Caduti di Nassirya a Bra: «Basta feccia d’importazione. Remigrazione unica soluzione».

Un messaggio aberrante che richiama a tempi bui, che sembrano, purtroppo, di ritorno, dopo otto decenni di “pace” nell’Europa Occidentale.

L’altra faccia della stessa medaglia è in chi sminuisce il problema. Prendere coscienza che un problema sicurezza esista nelle nostre città è il primo passo per risolverlo, altrimenti le forze dell’ordine si troveranno da sole a combattere contro il degrado, mentre fuori infuria una inutile polemica politica.

Partiamo dalle basi: la sicurezza in Italia è demandata al Ministero dell’Interno, dal Governo in carica, se la risposta non è adeguata o se le forze dell’ordine sono costrette a operare senza risorse o mezzi adeguati, la responsabilità è del Governo.

Il Governo demanda parte della responsabilità della sicurezza dei cittadini al Sindaco che è a tutti gli effetti un ufficiale del Governo.

Queste sono le basi, quindi in questo sistema bisognerebbe tutti remare nella stessa direzione, non cercando responsabilità, ma tutti capendo cosa può essere fatto per migliorare la sicurezza.

Mentre facevo questi pensieri mi sono imbattuto nel post Facebook di un amico, Alessandro Monchiero, titolare dello storico “Caffè Boglione di Bra” e in precedenza membro di spicco di Slow Food, penna sopraffina, di recente divenuto padre.

Cercavo un po’ di conforto, mentre nei social trovavo solo sconforto e le parole di Alessandro non mi hanno tradito, anzi.

Riporto il post in parte, perché particolarmente esaustivo, nei suoi punti focali:

"Il principale problema dei nostri tempi è la semplificazione – o l’impoverimento, o l'impigrimento – del linguaggio, che si riverbera inevitabilmente sull’impoverimento dei pensieri.

Ne siamo vittime tutti, perché la comunicazione sloganistica della politica, della pubblicità, dei nuovi e vecchi media, ci ha via via abituati alla velocità anche dell’elaborazione del messaggio, che si riduce coerentemente a una dualità esasperata: sì/no, d’accordo/disaccordo, bene/male e via discorrendo.

Me ne dispiaccio, mentre vedo disegnarsi le prime smorfie e i primi sorrisi sul volto di mia figlia, immaginandola condannata a non assaporare mai la seduzione della complessità, l’armonia delle sfaccettature, l’arricchimento umano ed emotivo che solo il dubbio sa trasmettere nell’edificare una personalità che sappia camminare nel mondo, gustandone le contraddizioni". 

Monchiero parla, poi, dello striscione di cui scritto sopra, dei commenti beceri comparsi sui social, ma anche della risposta di chi prova a nascondere il disagio che serpeggia. 

“Sono davvero poco interessanti – nella loro (supposta) banalità – i commenti di chi lo approva. Non c’era francamente da aspettarsi nulla di più.

Anzi, meglio: nulla di diverso.

Ma dagli altri, da quelli presumibilmente più colti, più illuminati, più progressisti, un piccolo sforzo di comprensione me lo sarei aspettato. Ed è proprio qui, dove c’era da aspettarsi maggiore argomentazione, profondità, elucubrazione, che si palesa in tutto lo sconforto possibile l’impoverimento del ragionamento, e di conseguenza del linguaggio a supporto. Perché liquidare uno striscione così palesemente grezzo, banalotto e razzista, nascondendo sotto il tappeto l’enorme disagio di cui è espressione, è forse ancora più grave che approvarlo. Ecco la dicotomia di cui sopra: curva A contro curva B, slogan A contro slogan B. 

Monchiero prosegue:

Ma come si fa a non essere nemmeno disposti ad aprire un tavolo di discussione sul senso di smarrimento che pervade i cittadini anche di un piccolo centro come il nostro?

Come si fa a chiudere gli occhi di fronte al degrado galoppante di questa città? Che non è peculiare di questa città, ci mancherebbe, e dove l’amministrazione comunale è certamente meno colpevole rispetto al Ministero dell’Interno e alle sue omissioni, ma ciò non toglie che il senso d’insicurezza rispetto a una gestione dell’immigrazione irregolare si riverberi su cittadini smarriti, impauriti, incapaci di distribuire oculatamente patentini di colpa. E rimane un problema che va affrontato con argomentazioni non semplicisticamente ideologiche, scarabocchiate con saccenteria con la boria di chi si sente sempre dalla parte della ragione.

E’ qui che la sinistra sta perdendo la partita: nascondendo sotto il tappeto il problema. E va da sé che chiunque accusi l’attuale amministrazione di Bra di essere troppo di sinistra diverge di parecchie lunghezze dal bersaglio, e rischia addirittura di farle un complimento! Basterebbe rispondere che il problema c’è, eccome!”

Monchiero scrive della situazione fuori controllo presso i giardini della stazione e aggiunge:

Non tutta l’immigrazione gonfia i serbatoi dello sfruttamento in vigna, e che – preso atto che una politica d’integrazione è ben lungi dall’essere posta in atto – la delinquenza prospera indisturbata, intere aree di città sono sottratte alla normale fruizione dei suoi abitanti, la notte dei residenti di Piazza Roma non ha più nulla della pace di un tempo e il principale responsabile di questo disastro è il Governo di destra che pontifica sui suoi presunti successi, dopo aver latrato per anni sull’inefficienza di quegli altri. Ma un conto è dire: striscione banalotto, semplicistico, razzistoide. E un altro conto è dire che il problema non esiste. E il consenso che ha generato la sua esposizione non arriva solo da circoli di nostalgici di destra, fascisti e inclini alla discriminazione. Ma da gente comune, senza particolare astio nei confronti del diverso, semplicemente esasperata dall’abbandono e dal dovere zigzagare, a passeggio nel pomeriggio, fra un’infinita litania d’illegalità en plein air, delle quali nessuno sembra interessarsi.

Lo striscione “banalotto” poteva diventare l’occasione per aprire un dibattito vero che non si colorasse di politica o di ideologie, ma che facesse del bene alla città:

E invece si è scelto di criminalizzare non tanto gli idioti che hanno esposto ’sta cagata, ma soprattutto gli indifesi che hanno frainteso in questa cagata la loro unica possibilità di essere ascoltati. Figlia mia, non so se farò bene a insegnarti più parole possibili e non è detto che tu faccia bene a impararle. Già non capisco questo mondo, figurati quello che verrà! Molto più probabile che sarai tu a insegnarmi come viverlo. Ho solo paura che prima o poi mi prenderai in disparte e mi dirai, con tutta l’intelligenza di cui disporrai: “padre mio, ti voglio bene, ma credimi: le parole non vanno più di moda, o stai di qua, o stai di là, e tutto il resto non serve francamente a niente".

Da padre in fieri, con una grande voglia, mista a paura di divenire genitore un giorno, penso che la chiusura di Alessandro sia perfetta. Le parole, spero possano tornare di moda e questo post, amplificato dal grande seguito di questa rubrica, spero possa dare vita a un confronto vero nell’interesse delle nostre città che superi le ideologie e i preconcetti. Questo anche nell’interesse delle migliaia di persone oneste e integrate arrivate da ogni parte del mondo per fare ricco il nostro territorio, con fatica, sudore, onestà. La stragrande maggioranza degli immigrati, a cui non possiamo che dire altro che “Grazie”.

Marcello Pasquero

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