Cuneo: sfatiamo le perplessità sul nuovo "pastore evangelico"

Gent.mo Direttore,

mi perdonerà se rubo un poco di spazio a lei e al suo giornale per una questione che può sembrare personale. Se lo faccio, è perché del tutto personale e privata la questione non è.

Da qualche anno mi accade di predicare di tanto in tanto nella comunità evangelica di cui è pastore Alberto Romussi, che, dovendosi assentare per impegni pastorali, mi ha chiesto di sostituirlo per poco più di un mese nel sermone del culto domenicale (mentre sono membri della comunità a guidare l'incontro di preghiera). Nei comunicati in cui informava di tale sostituzione, Romussi mi presenta come "pastore evangelico". Nella sua intenzione si trattava di definirmi non una figura di recupero ma pienamente titolato a sostituirlo: la sua è stata una scelta rispettosa e generosa, ma che a quanto pare sta suscitando un po' di perplessità e sconcerto in molti, che mi conoscono come biblista e insegnante di religione cattolico. Tali perplessità e sconcerto sarebbero pienamente comprensibili e giustificati se davvero avessi "mutato appartenenza", dal momento che chi passa da una comunità a un'altra inevitabilmente esprime anche un giudizio negativo su quella da cui si allontana.

Non è però il mio caso. Io mi limito ad annunciare e spiegare la Bibbia (o ci provo...), ovunque mi venga richiesto e a chiunque interessi. Vale semmai la pena notare che, quanto più ci avviciniamo al cuore della fede cristiana (e la Bibbia si trova in quei paraggi...), le distinzioni confessionali perdono di valore: se un protestante parla di Bibbia può edificare con efficacia la fede di un cattolico, o viceversa. E insieme ci si scopre più fratelli, e migliori. E sentiamo più vicino il giorno in cui la nostra origine ecclesiale avrà lo stesso valore della città in cui siamo nati, semplice curiosità anagrafica, secondaria e superflua.

Grazie!
Angelo Fracchia