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Cuneo e valli | 25 aprile 2022, 06:00

Recupero + Riciclo post-consumo: laddove non fosse sufficiente l’uno lo sarà l’altro

Di tutti i rifiuti presenti negli oceani del nostro Pianeta, quelli plastici rappresentano l’80%, con un ulteriore accumulo di circa 14 milioni di tonnellate ogni anno.

Recupero + Riciclo post-consumo: laddove non fosse sufficiente l’uno lo sarà l’altro

Mediante l’azione della radiazione solare, del vento e dell’acqua, i rifiuti plastici sono disgregati in frammenti via via più piccoli (micro e nano plastiche) che vengono poi inavvertitamente ingeriti dagli organismi acquatici e che entrano così nella catena alimentare. Sono state riscontrate contaminazioni da microplastiche nello stomaco di moltissimi organismi acquatici, come i gamberi, nonché nel sale da cucina[1].

Una volta ingerite, una piccola frazione di queste può addirittura raggiungere gli organi interni. Sebbene non siano ancora del tutto noti gli effetti sull’organismo umano, si pensa che micro e nanoplastiche, a seconda di concentrazione e suscettibilità individuale, possano causare lesioni infiammatorie, disturbi neurodegenerativi e del sistema immunitario, per arrivare perfino a casi di cancerogenicità e mutagenicità[2]. 

Risulta dunque evidente la necessità di ridurre gli scarti di natura plastica, specialmente quando si parla di plastica monouso. Questi ultimi, infatti, rappresentano ben il 50% dei rifiuti plastici rinvenuti sulle spiagge europee[3]. L’utilizzo di beni in plastica monouso è particolarmente allarmante, tant’è che già molti di essi sono al bando e altri devono essere biodegradabili e/o compostabili. Spesso, però, contenitori che necessitino di una lunga vita prima dell’utilizzo non possono essere costituiti in materiale biodegradabile e si deve ricorrere al riciclo: si punta a utilizzare un contenuto uguale o superiore al 25% di PET riciclato a partire da Luglio 2025[4]. Il riciclo dell’HDPE, polimero che compone la maggioranza delle cisternette, fusti e taniche in plastica, è articolato in diverse fasi: prima di tutto è necessario ridurre in fiocchi il manufatto di partenza. Questi vengono successivamente lavati in modo da rimuovere tutte le contaminazioni presenti. Infine, il truciolato viene addizionato di una certa percentuale di polimero vergine, fuso ad alte temperature e riplasmato. Il prodotto finito ha proprietà meccaniche praticamente identiche al prodotto originale.

Inoltre, attualmente, contenitori adibiti al trasporto di merci pericolose possono essere costituiti da una data percentuale di PE da riciclo solamente qualora sia di origine “post-industriale”, che derivi cioè da scarti di lavorazione di polimeri vergini. Vista la piccola percentuale di scarti di lavorazione presenti sul mercato è evidente che si tratti di un passaggio che nulla vada a cambiare sul bilancio della plastica immessa sul mercato. Ciononostante, si è attualmente in attesa di poter utilizzare nella produzione di imballaggi per il trasporto di merci pericolose anche i polimeri “post-consumo”, cioè quelle materie plastiche già utilizzate e ritirate dopo l’utilizzo. I nuovi contenitori così costruiti, dotati di omologazione, aprirebbero la strada a una più verde concezione del riciclo in campo chimico riducenti effettivamente i quantitativi di plastiche in circolazione.

Nonostante la sua importanza, va ricordato che il riciclo sia un procedimento piuttosto energivoro, e si può ricorrere a un’alternativa altrettanto valida ma assai meno dispendiosa: il recupero.

Il recupero è uno dei nodi fondamentali delle nuove politiche green dell’UE: entro il 2029 bisognerà recuperare almeno il 90% di quanto immesso sul mercato[5]. Se gli oggetti in questione sono adibiti al contenimento di sostanze pericolose, la modalità di smaltimento dovrà essere ulteriormente oculata. Risulta quindi oggettivamente più saggio operare una capillare opera di recupero dei contenitori smerciati (taniche, barili, fusti, …). Sarà necessario verificare che questi ultimi siano ancora utilizzabili. Dopodiché si procederà al lavaggio e al nuovo impiego: si otterrebbe così un processo plastic neutral.

Il riciclo si renderà necessario solamente laddove i contenitori risultassero non idonei per il riutilizzo. Il concetto è quello di scegliere l’alternativa più green possibile. La formula vincete è Recupero + Riciclo postconsumo: laddove non fosse sufficiente l’uno lo sarà l’altro.

Dott. Marco Berardo - Gem Chimica srl – Busca

 

[1]: EFSA, European Food Safety Authority, Presence of microplastics and nanoplastics in food, with particular focus on seafood, EFSA Journal, 2016. Disponibile on-line: https://efsa.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.2903/j.efsa.2016.4501, consultato il 14/04/2022.

[2]: J.C. Prata, J.P. da Costa, I. Lopes, A.C. Duarte, T. Rocha-Santos, Human Health Effects of Environmental Exposure to Microplastics, Science of the Total Environment, V. 702, 2020.

[3]: Parlamento Europeo, Ufficio in Italia, Mare e spiaggia senza plastica? Si può!, 2019. Disponibile on-line:

https://www.europarl.europa.eu/italy/it/succede-al-pe/mare-e-spiaggia-senza-plastica-si-pu%C3%B2#:~:text=%C3%88%20di%20plastica%20l'80,e%20per%20la%20salute%20umana, consultato il 14/04/2022.

[4]: Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 196, Art. 6. Disponibile on-line: https://www.fiscoetasse.com/files/13382/dlgs-196-2021-riduzione-plastica.pdf, consultato il 14/04/2022.

[5]: Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 196, Art. 10. Disponibile on-line: https://www.fiscoetasse.com/files/13382/dlgs-196-2021-riduzione-plastica.pdf, consultato il 14/04/2022.

 

 

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