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Attualità | 25 novembre 2022, 09:26

La storia dietro la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Ecco cosa possiamo fare tu, io, noi, tutti il 25 novembre. Ne parliamo con Maria Milazzo, consigliere comunale di Bra con delega alla Consulta Pari Opportunità

La storia dietro la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Torna una data simbolica, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

La giornata è conosciuta anche come Orange Day, perché in tutto il mondo viene identificata con il colore arancione, scelto da UN Women, come simbolo di un futuro senza violenza sulle donne.

Una ricorrenza in cui non si deve parlare solo di femminicidio (e in una sola giornata, il 25 novembre, vestendosi di rosso e urlando alla vergogna), che è la conseguenza massima dell’intera questione, ma anche di tutte le altre forme di violenza, da quelle psicologiche a quelle fisiche, da quelle domestiche alle discriminazioni di genere nel mondo del lavoro.

Umiliate, picchiate, violentate, fatte a brandelli in/da una società che spesso non le tutela, ma anzi partecipa al linciaggio, le donne vengono lasciate sole e sono costrette a proteggersi, salvarsi da sole. Molte di esse costituiscono la parte lesa nei rapporti in famiglia, con il partner, a scuola, giudicate nei tribunali e dai media anche quando sono vittime, ad esempio per come sono vestite.

Proprio per questo è nata la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ricorda il 25 novembre 1960, quando le tre sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, attiviste di un gruppo politico clandestino, a causa della loro opposizione, furono brutalmente uccise dagli agenti segreti del dittatore Rafael Leonidas Trujillo, a Santo Domingo, nella Repubblica Dominicana.

Dopo essere state fermate per strada mentre stavano andando a trovare i mariti in carcere, furono uccise a bastonate e gettate in un burrone dai loro carnefici che speravano di mascherare quella violenza con un incidente. Le tre sorelle sono passate alla storia anche con il nome di Las Mariposas (le farfalle), per il loro coraggio di opporsi alla dittatura e di lottare per i diritti femminili.

II 25 novembre 1981 avvenne il primo incontro internazionale femminista delle donne latino americane e caraibiche. Questa data divenne la data simbolo in loro memoria, per decisione dell’ONU, che l’ha istituzionalizzata il 17 dicembre 1999 con una risoluzione, la 54/134, dove si definisce questa violenza «Una delle violazioni dei diritti umani più diffuse, persistenti e devastanti che, ad oggi, non viene denunciata, a causa dell’impunità, del silenzio, della stigmatizzazione e della vergogna che la caratterizzano».

Un ulteriore passo in avanti è stato fatto con il riconoscimento della violenza sulle donne come fenomeno sociale da combattere, grazie alla Dichiarazione di Vienna del 1993. Secondo l’Articolo 1 della Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne, emanata dall’Assemblea Generale nel 1993, la violenza contro le donne è «Qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata».

E nella stessa dichiarazione si riconosce la matrice storica, sociale e culturale della violenza di genere: «Il femminicidio è la manifestazione di una disparità storica nei rapporti di forza tra uomo e donna che ha portato al dominio dell’uomo sulle donne e alla discriminazione contro di loro, e ha impedito un vero progresso nella condizione della donna».

Nel 1995 la scrittrice dominicana Julia Alvarez ha pubblicato il libro “Il tempo delle farfalle”, dal quale è stato anche tratto il film “In the Time of the Butterflies” con Salma Hayek nel ruolo di Minerva, una delle tre sorelle Mirabal.

Con l’evolversi della consapevolezza sociale, i sistemi legislativi dei vari Paesi e le organizzazioni internazionali hanno via via modificato norme, pene e fatto opera di sensibilizzazione rispetto a questo argomento, mettendo in atto sistemi per dare supporto alle vittime. La prima significativa innovazione legislativa in materia di violenza sessuale, in Italia, si era avuta con l’approvazione della Legge 15 febbraio 1996, n. 66, che ha iniziato a considerare la violenza contro le donne come un delitto contro la libertà personale, innovando la precedente normativa, che la collocava fra i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume. Con la Legge 4 aprile 2001, n. 154 vengono introdotte nuove misure volte a contrastare i casi di violenza all’interno delle mura domestiche con l’allontanamento del familiare violento.

Nello stesso anno vengono approvate anche le Leggi n. 60 e la Legge 29 marzo 2001, n. 134 sul patrocinio a spese dello Stato per le donne, senza mezzi economici, violentate e/o maltrattate, uno strumento fondamentale per difenderle e far valere i loro diritti, in collaborazione con i centri anti violenza e i tribunali. Con la Legge 23 aprile 2009, n. 38 sono state inasprite le pene per la violenza sessuale e viene introdotto il reato di atti persecutori, ovvero lo stalking.

Il nostro Paese ha compiuto un passo storico nel contrasto della violenza di genere con la Legge 27 giugno 2013 n. 77, approvando la ratifica della Convenzione di Istanbul, redatta l’11 maggio 2011. Le linee guida tracciate dalla Convenzione costituiscono infatti il binario e il faro per varare efficaci provvedimenti, a livello nazionale, e per prevenire e contrastare questo fenomeno. Il 15 ottobre 2013 è stata approvata la Legge 119/2013 (in vigore dal 16 ottobre 2013), conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, che reca disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere.

Soprattutto in Italia, il simbolo della lotta contro la violenza sulle donne sono le scarpe rosse, “abbandonate” in tante piazze per sensibilizzare l’opinione pubblica. Il simbolo è stato ideato nel 2012 dall’artista messicana Elina Chauvet con l’opera Zapatos Rojas (scarpe rosse) ed è così diventato uno dei modi più popolari per denunciare i femminicidi.

L’installazione è apparsa per la prima volta davanti al consolato messicano di El Paso, in Texas, per ricordare le centinaia di donne uccise nella città messicana di Juarez.

Ecco un piccolo vademecum che ci dice che cosa possiamo fare tu, io, noi, tutti il 25 novembre.

Partiamo dall’inizio con Maria Milazzo, consigliere comunale con delega alla Consulta Pari Opportunità.

Quante donne uccise nel 2021?

«Sono 119 gli omicidi con vittime di sesso femminile nel 2021 in Italia, come emerge da un report del Servizio analisi criminale della Direzione Centrale Polizia Criminale aggiornato al 6 marzo 2022 e 20mila le donne prese in carico dai centri antiviolenza. Purtroppo ho sentito al tg di questi giorni che il numero dei femminicidi, a novembre 2022, ha già superato quello dell’anno scorso».

Che cosa si intende per violenza e quali sono le varie forme?

«Secondo la Dichiarazione di Vienna del 1993, si può considerare violenza ogni forma di abuso di potere e controllo che si può manifestare come sopruso fisico, sessuale, psicologico, economico, violenza assistita e di matrice religiosa. I vari tipi di violenza possono presentarsi isolatamente, ma più spesso sono combinati insieme. Sono comprese tutte le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata».

Chi chiamare in caso di violenza?

«Il 1522, cioè il numero nazionale antiviolenza, chiamato anche Telefono Rosa. L’aiuto viene svolto dai Centri Antiviolenza. Al 1522 rispondono le volontarie, tutte esperte nell’ascolto e nell’accoglienza delle donne vittime di violenza, anche grazie alla frequenza di corsi di formazione. A presenziare durante ogni turno, c’è anche un legale di provata esperienza che si occupa di spiegare alla vittima quali sono i suoi diritti ed i mezzi giuridici cui può ricorrere per ottenerne il riconoscimento. È una linea gratuita di aiuto sulla violenza, multilingue ed è attiva 24 ore su 24 in tutta Italia. II 1522 è un servizio pubblico promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari Opportunità, che è in contatto con il Centro Anti-violenza del territorio».

Che cosa succede con una denuncia per maltrattamenti?

«Conseguenze della denuncia-querela sono l’iscrizione nel registro delle notizie di reato, durata delle indagini preliminari, archiviazione o rinvio a giudizio».

Che cosa fa l’assistente sociale nei Centri antiviolenza?

«Si occupa di coordinare tutte le attività che ruotano intorno ad una donna vittima di violenza: dalla Procura agli avvocati, dalle Forze dell’ordine ai servizi sociali, passando per le scuole».

Chi aiuta le donne maltrattate?

«La violenza psicologica o fisica può essere denunciata rivolgendosi direttamente alle Forze dell’ordine, oppure, nel caso in cui si avessero difficoltà motorie, chiamando il numero 113 per richiedere il servizio di denuncia a domicilio. Non si tratta ovviamente di una scelta facile: solitamente una donna che subisce violenza all’interno della propria abitazione si sente sminuita, sola, inascoltata e incompresa. Chiunque abbia subito o stia subendo episodi di violenza può rivolgersi alla rete di strutture operative sul territorio, come l’Associazione Mai+Sole, attiva h24 al numero 335/1701008».

Come funzionano i centri antiviolenza?

«I centri svolgono diverse attività a cominciare dal primo ascolto telefonico, anonimo e gratuito, spesso disponibile 24 ore su 24. Dopo il primo contatto le donne possono decidere di avviare un percorso di uscita dalla violenza, avvalersi di consulenze legali, informazioni e aiuto nella ricerca di un lavoro e/o di una casa rifugio».

Quali reati sono commessi più frequentemente nei confronti delle donne?

«Secondo i dati contenuti nei report ministeriali, tra le donne che hanno subito violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche, cioè l’essere toccate o abbracciate o baciate contro la propria volontà (15,6%), i rapporti indesiderati vissuti come violenze (4,7%), gli stupri (3%) e i tentati stupri (3,5%)».

Simbolo della Giornata?

«Il simbolo della manifestazione è rappresentato dalle scarpette rosse. Ma sono davvero tante le espressioni di sensibilizzazione su questo triste fenomeno. A Bra una panchina rossa posta in via Cavour rappresenta il luogo simbolo per dare voce al silenzio. Quello di tante donne che quotidianamente subiscono maltrattamenti e violenze».

Con questo spirito è stata apposta la targa in cui spicca il dipinto di Eugenio Alfano, che ben si lega alla frase di Karl Kraus: «I diritti delle donne sono i doveri degli uomini».

Silvia Gullino

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