Diffamazione a mezzo stampa è l’ipotesi di reato in forza della quale l’ex sindaco di Santo Stefano Roero Renato Maiolo, tra gli imputati di tre processi penali conclusi nelle scorse settimane in Tribunale ad Asti col pronunciamento della sentenza di primo grado, ha deciso di passare dalla parte degli accusatori, procedendo per le vie legali contro il "Corriere della Sera".
A convincere il 75enne agricoltore in pensione a procedere in tale direzione – presentando querela presso la Procura della Repubblica di Milano, città dove il periodico viene stampato, assistito dall’avvocato albese Roberto Ponzio – i termini coi quali dalle proprie pagine, lo scorso 14 aprile, l’edizione torinese del quotidiano di via Solferino aveva dato conto della sentenza pronunciata tre giorni prima dai giudici astigiani, in quell’occasione chiamati a pronunciarsi sugli esiti dell’indagine che il Nucleo Economico Finanziario della Guardia di Finanza di Cuneo aveva battezzato Feudo 1.
Nell’articolo dal titolo "Condannato a 2 anni e 11 mesi l’ex sindaco di Santo Stefano Roero" si leggeva che Maiolo era stato "giudicato responsabile di peculato, turbativa d’asta e falso" e che era "considerato il regista di un sistema che ha depauperato le casse del Comune tra il 2016 e 2020".
Una ricostruzione che ha provocato la protesta dell’ex amministratore, nell'assunto che avrebbe indotto il lettore a ritenere che tali illeciti abbiano trovato conferma nel provvedimento dei giudici astigiani e che il disavanzo nelle casse comunali, al centro dell’inchiesta delle Fiamme Gialle, fosse effettivamente attribuibile a lui. Le tesi insomma portate avanti dalla Procura e in particolare dal pubblico ministero Davide Lucignani, ma che non avevano infine convinto i giudici del collegio presieduto da Alberto Giannone. Come i lettori ricorderanno (leggi qui), infatti, Maiolo era stato sì condannato, ma relativamente a soltanto alcuni capi di imputazione per i quali era stato rinviato a giudizio. Ovvero quelli riguardanti il falso in atto pubblico. L’ex amministratore comunale, alla guida del Municipio roerino dal 2004 al 2019, era stato invece scagionato dalle accuse relative alla truffa aggravata, al peculato e alla turbativa d’asta.
"La cronaca del quotidiano – sostiene l’avvocato Roberto Ponzio – non è fedele al provvedimento e anzi lo stravolge sotto diversi profili. Attribuire a Maiolo condanna per peculato è affermazione diffamatoria perché in contrasto con la verità dei fatti. Da sempre ha respinto l’accusa di appropriazione. Il Tribunale di Asti ha confermato l’assunto difensivo perché 'il fatto non sussiste’, in merito a quelle accuse, prosciogliendolo con formula assolutoria più ampia".
Prima della condanna ora oggetto della querela da parte dell’ex sindaco, sempre in primo grado Maiolo era stato assolto dalle accuse formulate nei suoi confronti nel processo nato dal secondo filone dell’inchiesta Feudo, insieme a tutti i dodici imputati (leggi qui) mentre era stato condannato a due di reclusione per i maltrattamenti denunciati da una ex dipendente dello stesso Comune (leggi qui).