Il cortile era praticamente la nostra seconda casa, o meglio, la prima. Non era un mondo incantato; esistevano la prepotenza, il bullismo, la cattiveria, esattamente tutto come nel mondo reale. Ma era comunque una palestra di vita sana, dove accanto alla prepotenza, al bullismo e alla cattiveria abitavano rigogliose e abbondanti nicchie di valori forti, buoni e onesti, esattamente come nella vita reale.
Infiniti giochi. Mai fatto una sfida a Regina Reginella? Un giocatore (la “regina”) si posizionava nel punto più distante, circa 15 o 20 metri, il resto della banda all'estremità opposta. A turno si chiedeva: “Regina reginella, quanti passi devo fare per arrivare al tuo castello, così grande e così bello?” “Tre da canguro e due da formica”. E via di balzi più lunghi possibili e di piccoli passi con un piede davanti all'altro. Chi sbagliava numero o faceva male il passo, a insindacabile giudizio della regina, tornava indietro. Vinceva chi arrivava per primo, diventando a sua volta la nuova regina. Questa, praticamente, aveva dei poteri sproporzionati e decideva il bello e il brutto tempo. Poteva far durare il gioco quanto voleva e faceva vincere chi preferiva, assegnando ad esempio a uno dei passi “da elefante” e all'altro “da gambero”, all'indietro. Ma ci piaceva così!
Un must era il “gioco della settimana”, detto anche “della campana”. Con un gessetto si disegnavano per terra delle caselle (in genere sette), con i relativi numeri. A turno si lanciava un sasso che doveva fermarsi nel primo spazio, quindi si partiva su un piede solo, e dopo aver recuperato il sasso, bisognava saltare dentro a tutte le rimanenti caselle senza mai pestare le righe, pena la fine del proprio turno. A seguire tutti gli altri numeri. Vinceva chi completava il percorso per primo.
E vogliamo parlare di “Uno due tre stella!”? Da noi era più conosciuto come “L'orologio di Milano fa tic tac!” Un bambino si metteva di spalle, con il viso appoggiato contro un muro; tutti gli altri, ad una certa distanza, su una riga immaginaria. Quello di spalle, aspettato qualche secondo, iniziava la filastrocca con la velocità che preferiva, per poi girarsi di scatto. Cercando di avvicinarsi al muro il più rapidamente possibile, chi veniva pinzato ancora in movimento e non aveva trovato una posizione di equilibrio (spesso nelle posizioni più assurde, per aumentare il divertimento!) veniva rimandato indietro. Dopo due volte si era fuori. Chi toccava il muro prima degli altri era il nuovo conduttore. Bisognava stare immobili fino al momento della ripresa del gioco, che poteva durare alcuni minuti; una variante prevedeva che chi “stava sotto” poteva cercare di far ridere le “statue”, senza toccarle, con boccacce, battute o altro. Chi “crollava” e iniziava a ridere era ovviamente eliminato.
“Rialzo”, “nascondino”, “fazzoletto”, “fulmine”, “strega tocca colore”, “elastico”, “palla prigionera”, “i quattro cantoni”, “moscacieca”, “ce l'hai” … quanti ne ho dimenticati in questo elenco?