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Attualità | 16 novembre 2020, 17:45

"Di caccia non si vive, di Covid si muore: vero. Ma basta chiedere ai cacciatori senza dare risposte concrete"

Riceviamo e pubblichiamo

Foto generica - Pixabay

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Gentile Direttore,

in questi giorni su diverse testate giornalistiche e social network si sta strumentalizzando la caccia, invocandone da una parte la chiusura e dall’altra il proseguo. Il tutto in un momento di sospensione - perché di sospensione si tratta - dovuta all’impossibilità di spostamento, e che rimane la medesima problematica già riscontrata lo scorso marzo.

Come allora, anche questa volta la caccia non è menzionata nei vari DPCM e non trova la giusta collocazione tra attività sportiva o attività ludica.  Ci pare non sia né l’una né l’altra ma, guardando attentamente la normativa vigente, rimane attività di tutela ambientale. E la tutela ambientale non dovrebbe trovare sospensioni, a maggior ragione se l’attività venatoria è disciplinata da leggi nazionali, leggi regionali e da una programmazione - il calendario venatorio -, il quale riceve il parere dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale vigilato dal Ministero dell’Ambiente. Risulta quindi paradossale che nelle more di approvazione non si sia previsto un “qualcosa” che potesse ricomprendere eventuali azioni che il Governo avesse dovuto adottare nella seconda ondata di questa pandemia.

L’Associazione Nazionale Libera Caccia, tramite la direzione regionale, aveva posto tale problema proponendo un protocollo antiCovid per poter evitare problemi derivanti da interpretazioni ma tale proposta fu archiviata come “visionaria”. Allo stesso tempo, visto le problematiche derivanti, venne richiesta una proroga dei versamenti delle tasse, una sulla validità del porto d’armi, una sul pagamento delle quote di accesso ad ATC e CA ma, allora, le risposte giunsero velocemente e furono negative "per mantenere in piedi l’organizzazione gestionale caccia”. Di caccia non si vive, di Covid nel 2020 si muore: è una considerazione giusta ma la sospensione dell’attività venatoria di certo porterà la riduzione del numero dei cacciatori e di conseguenza la riduzione delle entrate nelle casse nazionali e regionali dovute alle tasse sulla caccia e un incremento dei problemi derivanti da una mancata attuazione di tutela ambientale.

Come cacciatori non avremmo problemi ad accettare che l’attività venatoria fosse sospesa per evitare assembramenti, attività che potrebbe fare incrementare il contagio, ma per chi la pratica e/o la conosce, sa che il cacciatore di solito è da solo in mezzo alla natura, ben lontano dagli affollati parchi cittadini, sperduto nelle montagne che la Regione Piemonte offre. Non accettiamo che la caccia non sia inquadrata, e che a seguito di richiesta agli uffici regionali si debba interpellare il Prefetto, poi il Ministro dell’Agricoltura, quindi il Ministero dell’Ambiente per poi attendere una risposta che tarda ad arrivare (ritardo dovuto, a parer nostro, al cosiddetto rimbalzo di responsabilità).

Analizzando altri aspetti derivanti dalla possibilità di spostamento del cacciatore si può evidenziare che da anni vi sono limitazioni: una limitazione di movimento dovuta ai confini territoriali degli Ambiti Territoriali Caccia e dei Comprensori Alpini, di orario con limiti ove è possibile esercitare, di giornate - al massimo tre giorni a scelta su cinque della settimana - , senza contare che il numero di cacciatori in provincia di Cuneo - circa 4000 - e pari appena allo 0,66% della popolazione totale. Tutte cose, queste, che di fatto non possono creare assembramenti. Oltre alla caccia con il fucile, quella che tutti conoscono, ruotano attorno ad essa altre attività quali la cinofilia e altre realtà imprenditoriali quali Aziende Faunistiche Venatorie e Aziende Agro-Turistiche Venatorie che non riceveranno ristori e falliranno con ulteriore perdita di tasse da parte delle Regione.

Si pensa alla richiesta di un rimborso delle tasse pagate, anche se i cacciatori non sono mai stati quelli che chiedono l’elemosina - anzi semmai al contrario - , e ne hanno dato prova con le raccolte fondi e con le donazioni proprio durante la prima ondata del virus. I cacciatori chiedono solo il riconoscimento del ruolo che rivestono e di “ricordarsi di loro” non solo quando vi sono problemi dovuti agli ungulati o quando gli enti hanno necessità di personale formato e gratuito - il censimento dei lupi è solo l'ultima richiesta da parte della Regione Piemonte - o, ancora, quando a seguito di incidenti stradali con fauna selvatica si punta il dito verso la loro categoria.

Noi aspettiamo le risposte ma quando nel futuro sarà chiesto loro, state certi che nel 2021 molti cacciatori si prenderanno tutto il tempo per rispondere.

Grazie,

ANLC – Libera Caccia Provincia di Cuneo

Al Direttore

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