Una pista forestale, tracciata in un bosco per strapparlo dal’isolamento secolare, ha dato la spunta per un degno ricordo a giovanissimi martiri del periodo Resistenziale. Il 17 marzo 1944 le truppe nazifasciste, certo sollecitate da vergognosa delazione, si spinsero a Miassola, una località assolutamente inaccessibile, tra il capoluogo di Roburent e la frazione di San Giacomo. Qui trucidarono 5 Partigiani e tre altri, riusciti a sfuggire, furono poi fucilati a Pamparato.
Per richiamare questo tremendo momento e consentire una meditazione sulle aberrazioni della dittatura scardinata dalla Lotta di Liberazione, il Sindaco, Bruno Vallepiano, intende realizzare un “Sentiero della memoria”, segnalando la strada ed aggiungendo un opportuno ricordo artistico, rimarcando anche in tal modo l’adesione ai principi che hanno assicurato al Comune la medaglia al merito civile. Nella Resistenza questo paesello montano ha sofferto ed ha dimostrato il coraggio della sua popolazione: civili uccisi, abitazioni devastate ed incendiate, generosa accoglienza di Ebrei perseguitati e nascosti fino alla Liberazione.
La onlus “col. Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo”, con il presidente Adelmo Odello e il segretario Romolo Garavagno, ha approfondito la storia di questo evento e individuato alcuni importanti particolari. Otto ragazzi, spossati dalla terribile Battaglia di Valcasotto,(che aveva visto le Formazioni “Autonome” del magg. Enrico Martini Mauri, limitate nel numero ma specialmente mal armate e scarsamente addestrate, affrontare i soverchianti reparti nazifascisti, con ogni sorta di mezzi, comprese le autoblinda ed addirittura una “cicogna”), si rifugiarono in un seccatoio, assolutamente isolato, anzi irraggiungibile. L’edificio agricolo apparteneva ai genitori di uno di loro. Credevano fosse assolutamente sicuro. Erano guidati da un carabiniere di 19 anni, Gregorio Pietraperzia, nativo di Maccagno in provincia di Varese. Sensibilissimo agli ideali dei “Ribelli per amore” ,era salito in valle dalla Stazione dei Carabinieri Reali di Genova. Incaricato dal Comandante Mauri, operò per realizzare in Roburent una forma di rinascita della amministrazione civica, secondo i principi democratici. Svolgeva funzioni di coordinatore, redigendo i Lasciapassare personali per gli abitanti, curando i problemi annonari, impegnandosi per quel che gli era possibile della fornitura di mezzi di sussistenza alle famiglie più povere. Alloggiava all’Albergo Roatis e, nella notte tra il 12 ed il 13 marzo, saputo dell’attacco nazista da valle, bonificò i locali da ogni arma, munizione e documento,prima di risalire in alta valle ed unirsi ai reparti combattenti. Evitò così l’incendio del palazzo. Non fu così per l’altro Albergo del paese, “Italia”, ove i Partigiani, che lo occupavano per un posto di blocco, ritirandosi lasciarono materiale bellico. Di qui l’occasione data ai nazifascisti per darlo alle fiamme.
Nelle prime ore del 17 un nutrito reparto nazista salì dal Capoluogo a questo luogo impervio e sotto le raffiche delle armi automatiche caddero lo stesso Pietraperzia, il sedicenne Desiderio Galleano, Partigiano coraggiosissimo nonostante la giovanissima età (aveva partecipato all’assalto all’Albergo Miramonti di Garessio, era stato nel reparto Partigiano che in gennaio aveva presidiato Mondovì per accordo tra il Comando Partigiano e le autorità tedesche alla “Galliano” di Piazza), Giuseppe Salvatico (figlio del podestà di Roburent), Armando Briatore,della classe 1924, Costantino Vallepiano ,del 1922. Tre Patrioti( Carlo Sasso, Egidio Roaldo, Andrea Sasso) che erano riusciti a sganciarsi, attraverso una forra vicina, si presentarono poi al comando germanico a Pamparato, con falsa promessa di aver salva la vita, onde evitare rappresaglie minacciate alle famiglie ed al paese, furono fucilati, il 21 dello stesso mese, presso il Municipio di quel Comune.
I dirigenti della onlus, che si richiama al monregalese martire alle Fosse Ardeatine in Roma, sottolineano vari aspetti del accaduto : “ Innanzi tutto bisogna riconoscere apertamente, anche a tanti decenni di distanza, l’eroico tentativo di Pietraperzia, salito tra i Partigiani dal capoluogo ligure, ove nuclei antifascisti sensibilizzavano i giovani attenti alle idealità democratiche, verso le formazioni patriottiche Autonome, anziché verso i reparti Garibaldini , più tradizionali nella Liguria, per distinguersi dalle loro idealità marxiste. Il Carabiniere fu ucciso senza pietà dai militi germanici, in una postazione ben distante dal seccatoio, mentre tentava di fermare il nemico e salvare i suoi colleghi. Questo è segno chiarissimo della sua intenzionalità a favore degli amici. Che sia passato sotto silenzio, dimostra solamente la superficialità delle persone che allora, all’indomani della Liberazione, avrebbero dovuto segnalare il fatto. Inoltre la ferocia dei nazisti è particolarmente evidenziata dalla uccisione del figlio di colui che, a Roburent, rappresentava la fedeltà fascista verso gli hitleriani. “
Presso la località della tragedia si dovrebbe realizzare pure un ricordo appropriato. In passato la Comunità Montana Valli Monregalesi realizzò, nel 1994, le lapidi che furono dal Comune di Roburent inserite in un memoriale dignitoso. Avvenne nel 1998, a lato della Cappella di San Lis, in La Montà, benedetto dall’allora nunzio Apostolico in Italia ed attuale Cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, figlio del col. Giuseppe. L’artista Francesco Russo Burot, pittore e scultore, ha assicurato la disponibilità per impegnarsi nell’opera, da realizzarsi in pietra. Sta già analizzando la portata dell’evento, per padssare poi a definire disegni preparatori, da sottoporre a critici d’arte, prima di passare alla realizzazione.