Una soluzione per Francesco, il detenuto pugliese di 260 chili che, per circa un mese è stato “piantonato” giorno e notte all’ospedale Santa Croce di Cuneo, sembra essersi trovata.
Sabato scorso (11 ottobre), infatti, è avvenuto il suo trasferimento con l’ambulanza di Poirino dal carcere Marassi di Genova al “Lorusso Cutugno” di Torino.
Francesco è stato infatti accolto nel padiglione A della casa circondariale torinese dove ha trovato un letto di portata, idoneo a sostenere il suo peso, e un’assistenza sanitaria per poter far fronte alle sue esigenze.
Di tutti gli otto padiglioni che compongono il carcere del Capoluogo, a loro volta suddivisi in sezioni, quello A è il più medicalizzato. Qui, si trovano le principali aree dedicate alla salute, tra cui il Servizio di Assistenza Intensiva per detenuti che richiedono cure specifiche. È inoltre presente un settore destinato alla detenzione di persone condannate a pene elevate. Nel caso specifico, Francesco ha un fine pena previsto per il 2037.
Una soluzione, quella adottata dal Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria Piemonte-Liguria e Valle d’Aosta, che è stata preceduta da un iter non di poco conto. La vicenda del detenuto mette infatti in luce il cortocircuito che viene a crearsi tra il coordinamento di competenze dell’Asl e amministrazione penitenziaria. Quando si tratta di sanità penitenziaria, infatti, è l’Azienda Sanitaria Locale a dover farci i conti. Questo, a seguito della riforma del 1° aprile 2008, quando la gestione della salute dei detenuti, in precedenza di competenza del Ministero della Giustizia, passò formalmente al Servizio sanitario nazionale. E in Italia, la sanità è materia di competenza regionale.
La riforma nasceva con l’intento di garantire l’indipendenza del personale sanitario e di rispettare il principio di equivalenza delle cure, sancito dall’OMS: assicurare ai detenuti la stessa qualità di assistenza sanitaria riservata ai cittadini liberi, pur tenendo conto della loro condizione di privazione della libertà e dell’impossibilità di accedere ai servizi territoriali. Un principio che, però, nei fatti sembra spesso disatteso e la vicenda di Francesco ne è la prova: la coperta è, infatti, troppo corta.
Il detenuto arriva a Cuneo da una Rsa di Bra il 23 agosto scorso. Il suo trasferimento al Cerialdo è stato un aggravamento della misura detentiva per motivi di sicurezza da parte del magistrato di sorveglianza.
Tuttavia, il carcere di Cuneo non era in grado di accoglierlo: mancava un letto di portata adeguata. Così Francesco è stato trasferito al pronto soccorso dell’ospedale Santa Croce, dove è rimasto per un mese, ospitato nel reparto di Medicina d’urgenza in attesa di una nuova sistemazione.
Chi ha condiviso con lui quel mese di attesa racconta di un uomo dal carattere difficile, un fumatore accanito che necessitava di ossigenoterapia continua. Tuttavia, il carcere di Cuneo non era in grado di accoglierlo: mancava un letto di portata adeguata. In un primo momento sembrava che potesse essere accolto alle Molinette di Torino, nel reparto di Medicina protetta riservato ai detenuti (il cosiddetto “repartino”) ma, dopo poche ore, nella notte del 27 agosto, è stato rimandato a Cuneo: le celle disponibili non erano idonee alle sue esigenze fisiche e lui stesso si era rifiutato di scendere dall’ambulanza.
Neppure il “repartino” dell’ospedale San Martino di Genova ha potuto accoglierlo: mancavano barelle e letti adeguati al suo peso. Alla fine, l’Asl genovese si è fatta carico del caso trovandogli una sistemazione nel carcere di Marassi, ma nemmeno quella collocazione alla fine si rivelerà adatta a lui e così, il Provveditorato regionale si è attivato per trovargli una sistemazione: Torino che, si auspica, essere quella definitiva.
















